APOSTOLATO DELLA PREGHIERA    

LEZIONI SULL'ADP  

 

AGOSTO 2003    

VIII.  Un Cuore che si offre

Molta gente identifica l'Apostolato della Preghiera con il culto e la devozione al Cuore di Gesù. In realtà, all'inizio nella «prima fase», non si pensò a questo: però già in quella che abbiamo chiamato «seconda fase», cioè al tempo del padre Ramière, si vedeva come spontanea l'unione di ambedue le cose. Da allora l'Apostolato della Preghiera, come disse il Papa Giovanni Paolo Il (13 aprile 1985) «si è distinto per il suo impegno nel divulgare la devozione e la spiritualità del Cuore del Redentore». Perché?

 Risposta al Cuore di Gesù

 Per dare una prima spiegazione si potrebbe pensare così. Se ci si rende conto dell'amore che Cristo porta personalmente a ciascuno di noi, dovrebbe nascere il desiderio di rispondere personalmente a questo amore. Da qui il voler riparare e il consacrarci al Cuore di Cristo, simbolo espressivo del mistero dell'amore di Dio per noi.

 Però questa spiegazione vale solo in parte; quello che dice serve per ogni cristiano, senza che aggiunga niente di specifico dell'Apostolato della Preghiera. Bisogna cercare un'altra spiegazione.

 Ricordiamo come terminava la lezione precedente, e lo capiremo subito. Ciò che diede valore al sacrificio di Cristo sulla croce, ciò che continua a dar valore al prolungamento di questo sacrificio nell'Eucaristia, fu la volontarietà della sua dedizione al Padre.

La morte non raggiunse Gesù quasi casualmente, o per fatalità del destino. Nemmeno si può dire che Gesù «sopportò» la morte con semplice rassegnazione. La accettò volontariamente (cf. Preghiera eucaristica Il). E questa volontarietà era impregnata di amore per il Padre e per noi.

Gesù, dunque, accettò il sacrificio della sua vita sulla croce con amorosa volontà; diciamo pure: con il Cuore. Sul Calvario vi erano tre croci e dall'esterno tra esse non vi era quasi differenza. La differenza era interiore. Quello che differenziava Gesù dai due ladroni crocifissi con Lui era il cuore: Gesù viveva coscientemente la sua morte come obbedienza al Padre e amore verso dì noi.

Poiché crediamo che siamo stati redenti dall'amore umano‑divino della seconda Persona divina incarnata accettiamo con naturalezza che la devozione e la spiritualità del Cuore del Redentore, in quanto risposta di amore all'amore di Cristo, sia una nostra nota specifica.

Ancor più, non potremo collaborare nell'opera redentrice che Cristo sta portando a termine mediante la Chiesa se non ci sintonizzassimo con la sua oblazione amorosa, quell'oblazione che continua a scaturire dal suo Cuore. Per offrirci come Cristo dobbiamo vibrare all'unisono con il Cuore di Cristo, dobbiamo avere «gli stessi sentimenti» redentori che sono in Lui. Per esprimere tutto in una volta: dobbiamo avere il suo Cuore, centro della sua vita e attività, motore della redenzione (Lc 6, 45: è il «tesoro» dal quale l'uomo trae fuori il bene).

 Culto al Cuore di Cristo

 Il Cuore di Cristo può essere indicato come il grande «mistero della pietà» (1 TM 3, 16). Rendiamo culto al Cuore di Gesù accettando così il realismo della Incarnazione. Nel dire che «Dio è amore» in Cristo diciamo e crediamo che Dio ha un cuore umano (GS 22).

Rendendo culto al Cuore di Gesù, affermiamo che è Cuore di una Persona divina, e che è insieme quello che l'apostolo Giovanni senti palpitare e venne trafitto sulla croce, un Cuore di uomo.

Il Cuore fisico di Cristo è considerato però in quanto simbolo dell'amore umano e divino di Dio per noi. Quantunque molti oggi vedano nell'uso del termine «cuore» solo del sentimentalismo, è certo che il «cuore» è un simbolo quasi universale che tutti capiscono. Inoltre, trattandosi di Cristo, questo simbolo ha ancora oggi un fondamento reale (dato che Gesù Cristo è risorto e vive ora e ci ama ora). Segno e simbolo che manifesta la interiorità, il segreto più profondo di Dio, di quello che Dio è e fa.

 Nell'Apostolato della Preghiera rendiamo culto al Cuore del Redentore conformemente agli insegnamenti della Chiesa che mediante le Encicliche, Lettere apostoliche o Messaggi di Leone XIII, Pio XI, Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo Il hanno chiarito per tutta la Chiesa la dottrina e la pratica, della devozione al S. Cuore.

       Un iscritto dell'Apostolato della Preghiera si rende familiare la devozione verso il Cuore di Gesù come luogo di incontro dell'amo ' re che Dio ci porta e della capacità della nostra risposta. Non si può restare insensibili davanti al fatto che «questo Cuore, che ha tanto amato gli uomini, non riceve da essi altro che indifferenza, ingratitudine e disprezzo». Per questo ogni aderente all'Apostolato della Preghiera farà il possibile per estendere il suo Regno di amore, sapendo che l'apostolato del «far conoscere ed amare il Cuore di Gesù è oggi più prezioso che mai per la Chiesa, ed è particolarmente gradito al Papa» (Giovanni Paolo Il, 23 giugno 1982).

 

Letture: Statuti: artt. 15‑18; Giovanni Paolo II,  Messaggio nel Centenario della Consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù, 11 giugno 1999, in Come lievito, pp. 41‑48.

 

Mario Lessi, S.I. ‑.Manuel Iglesias S.I.

 

(Queste nuove Lezioni sull’Apostolato della Preghiera, unite insieme, sostituiscono le 12 Lezioni di Iglesias).

 

APOSTOLATO DELLA PREGHIERA

AGOSTO 2003

OFFERTA DELLA GIORNATA

Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre.

In particolare per le intenzioni affidate all'AdP dal Papa:

E dall'Episcopato italiano:

PER ESTENDERE LA PROPRIA PREGHIERA APOSTOLICA SI PUO'

 

"L'ascolto e la meditazione si nutrono di silenzio. E' opportuno che, dopo l'enunciazione del mistero (del Rosario) e la proclamazione della Parola, per un congruo periodo di tempo ci si fermi a fissare lo sguardo sul mistero meditato, prima di iniziare la preghiera vocale. La riscoperta del valore del silenzio è uno dei segreti per la pratica della contemplazione e della meditazione".

Giovanni Paolo II. Lett. sul Santo Rosario, n. 31

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