APOSTOLATO DELLA PREGHIERA    

CONSIDERAZIONI

 

LUGLIO 2007  

PER UN SACERDOZIO SANTO, 1

(1Pt 2,5)

Il Battesimo è l'evento frontale della nostra vita cristiana, che da esso sgorga come da sorgente. Siccome però la maggioranza di noi battezzati in Italia non ne ha memoria, perché avvenuto in tenerissima età, ci resta difficile ritornarvi per rinverdire la nostra vita alle sue radici.

Resta vero ciò che sappiamo dalla catechesi, ricevuta a più riprese, che tutto sorge da quel giorno: nel Battesimo diveniamo figli di Dio, tempio della Trinità Santa, sacerdoti, re e profeti in Cristo Gesù.

Può succedere che queste grandi verità restino una nozione intellettuale, oppure un dono custodi­to nelle profondità del nostro cuore, come un seme sepolto, poco curato, che fatica a germogliare e fruttificare.

Vogliamo perciò soffermarci su uno dei semi che ci sono stati affidati in quel grande giorno, compreso nel cosiddetto triplice munus, che traduciamo con due termini, triplice dono e compito, perché i doni di Dio sono gratuiti, ma se accolti, comportano sempre un impegno, un incarico da portare a com­pimento, contando sempre sull'aiuto di Colui che non abbandona quelli che ama e sceglie.

Il triplice munus che riceviamo nel Battesimo ci configura a Cristo sacerdote, re e profeta. Per approfondire sempre meglio il nostro specifico dono e compito nella Chiesa, scegliamo di approfondire il primo dei suoi tre aspetti: il nostro sacerdozio battesimale, come configurazione a Gesù sacerdote del Padre e dell'umanità.

Leggiamo nella Lettera ai Romani (8,29) :

 

«Quelli che Dio da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere
conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli.»

 

Alle radici della nostra esistenza c'è una scelta di Dio, che non toglie, né limita la nostra libertà ma la nobilita, aprendole uno spazio impensabile: diventare come Dio. Quella che era la tentazione primordiale (Gen 3), è ora la nostra vera vocazione, come leggiamo proseguendo questa stessa pericope (v.30):

 

«... quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati ...».

Questa conformità al Figlio, ben lungi dall'essere qualcosa di astratto e indefinito, la tradizione della Chiesa lo specifica con una chiarezza tale, da apparire persino meticolosa, perché nel nostro impegno di vita spirituale nulla sia lasciato all'improvvisazione, ma si svolga secondo direttrici precise, esigenti ed esaltanti insieme.

Se crediamo Cristo Figlio di Dio, sappiamo anche che noi lo siamo in lui, certamente per grazia, portando in noi la sua immagine: essa dà alla nostra intera esistenza la dignità propria di chi ha rice­vuto in dono una fede che esalta l'umanità, fino a crederla volto dell'Invisibile Dio, che venendo nel mondo ne ha assunto le sembianze. Così, guardando a Cristo sacerdote, comprendiamo che cosa significhi per noi esserlo in lui.

Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth, della tribù di Davide (Mt 1), e quindi di Giuda, non fu un sa­cerdote in Israele, perché nella Prima Alleanza questo compito era riservato a chi nasceva nella tribù di Levi.

Non si trattava di una vocazione personale, ma familiare. Entrando nella Terra promessa Giosuè divise il territorio tra le tribù (Gs 23,4). ma a quella di Levi non diede una parte, perché "sua parte" è il Signore, onorato nella Tenda e poi nel Tempio in Gerusalemme, come leggiamo nel Salmo 15 (v.2.5-6)

 

Ho detto a Dio: «Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene»....

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.

Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, è magnifica la mia eredità.

 

Il luogo delizioso su cui sono siate stese le corde, come dice il testo ebraico letteralmente tradotto, indicando il sistema di misura dei terreni presso i popoli orientali, è il monte Sion. Questa è "l'eredità magnifica" del Levita: il Signore stesso; lui è il suo "diritto", e per contro, il suo dovere. Il nostro sacerdozio si colloca alle radici della nostra esistenza storica, come un bene della famiglia (ci fa pensare alla tribù di Levi ?) nella quale entriamo nel Battesimo, quella del Popolo di Dio: anche noi allora ereditiamo il Signore come nostra parte, gratuitamente, senza poter vantare dei meriti. Impariamo così come la nostra vita sia prima di tutto grazia, accettando che questa verità strida con la mentalità moderna, che ci illude di costruirci da soli, come se il mondo nascesse con noi.

Inoltre, pensare al nostro sacerdozio battesimale, ci rende coscienti, e grati, di non essere soli nel cammino della vita di fede, bensì una famiglia, un popolo sacerdotale.

 

APOSTOLATO DELLA PREGHIERA

 

Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre.

 

In particolare per le intenzioni affidate all'AdP dal Papa:

E dall'Episcopato italiano:

 

LUGLIO 2007

PER ESTENDERE LA PROPRIA PREGHIERA APOSTOLICA SI PUÒ

 

INTENZIONI DEL SANTO PADRE

GENERALE:

«Una delle missioni più importanti dei fedeli è collaborare a configurare secondo giustizia la vita sociale, cooperando con gli altri cittadini, secondo le competenze di ciascuno e assumendosi la propria responsabilità personale, al bene comune. Anche se le espressioni specifiche della carità ecclesiale non vanno confuse con l'attività dello stato, resta comunque vero che la carità deve animare tutta l'esistenza dei fedeli laici e quindi anche la loro attività politica, vissuta come "carità sociale"» (Bendato XVI).

MISSIONARIA: «Membri della Chiesa in virtù del loro battesimo, tutti i cristiani sono corresponsabili dell’'attività missionaria. La partecipazione delle comunità e dei fedeli a questo diritto e a questo dovere viene detta "cooperazione missionaria". La partecipazione alla missione universale non si riduce a qualche attività particolare, ma è il segno della maturità della fede e di una vita cristiana che produce frutto» (Giovanni Paolo Il).

INTENZIONE DEI VESCOVI ITALIANI

I giovani d'oggi possono sembrarci spesso disorientati o confusi e perfino refrattari all'annuncio del Vangelo, proprio per questo dovremmo sentirci tutti responsabili di aiutarli a stabilire un rapporto profondo e sereno con Gesù, perché solo così potranno trovare il cammino da seguire ed aprirsi con fiducia al mondo, aprirsi all'amore, aprirsi nel servizio, aprirsi al dialogo, aprirsi alla vera conoscenza di Dio.

APOSTOLATO DELLA PREGHIERA

 

Dio, nostro Padre, io ti offro tutta la mia giornata. Ti offro le mie preghiere, i pensieri, le parole, le azioni e le sofferenze in unione con il Cuore del tuo Figlio Gesù Cristo che continua ad offrirsi a te nell'Eucaristia per la salvezza del mondo.

Lo Spirito Santo che ha guidato Gesù sia la mia guida e la mia forza oggi affinché io possa essere testimone del tuo amore.

Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego specialmente per le intenzioni che il Santo Padre raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo mese:

E che i Vescovi italiani raccomandano:

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