APOSTOLATO DELLA PREGHIERA    

 

 

Febbraio   2008  

 

 

Per conoscere l'AdP

 

1° Ven.

1

 

   

LA LEGGE DELLA MUTUALITA'

Dio è la causa prima e universale di tutto ciò che esiste, eppure i nostri occhi non riescono a percepire l'azione diretta del Creatore. Ovunque vediamo dei corpi che muovono altri corpi. Il sole attira la terra, e la terra attrae i corpi che si tro­vano sulla sua superficie. L'acqua nutre le piante, e le piante nutrono l'uomo. Dio fa tutto, ma non fa nulla da solo. Il mondo fisico poggia sulla meravigliosa armonia che i corpi esercitano gli uni sugli altri.

Lo stesso succede nel mondo dello spirito; le condizioni della sua esistenza e della sua armo­nia sono analoghe. Non ci sarebbe connessione, ordine, unità, se le libere volontà potessero rag­giungere il loro fine indipendentemente le une dalle altre. Gli uomini non dovrebbero più nulla ai loro simili, né avrebbero nulla da attendersi gli uni dagli altri, non ci sarebbe nessuna coesione sociale perché gli uomini non dovrebbero aiutarsi per realizzare il bene comune, né ci sarebbe spazio per praticare l'amore.

Nel mondo dello spirito, più ancora che nell'ordine fisico, Dio è il principio di ogni movi­mento, di ogni vita e di ogni bene; spinge tutte le volontà, e agisce in tutte le anime. Ma, benché agisca dovunque, non agisce mai da solo; vuole che le creature partecipino alla sua azione, come partecipano al suo essere.

Un filosofo ha detto che nessun atomo si muove, senza che il contraccolpo di questo mo­vimento non si faccia sentire fino agli estremi confini dell'universo. Lo stesso avviene nel mondo dello spirito: siamo legati ai nostri simili da continui rapporti, visibili o nascosti, e con le nostre scelte e azioni possiamo accrescere o ri­durre i mezzi della salvezza per tutta l'umanità.

A comprenderla bene, questa legge della mu­tualità è solo un aspetto della grande legge del-la carità, che tutto sostiene e non avrà mai fine. Tutti gli uomini sono tenuti a volersi bene re­ciprocamente. Perché questo, se non perché possano farsi del bene gli uni agli altri?

Dio ha affidato ad ogni uomo la cura del suo prossimo.

 

Offerta della Giornata

 

Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre, in particolare per le intenzioni del Papa e dei Vescovi (come riportato in precedenza)

 

in particolare per le intenzioni del Papa e dei Vescovi

pregare PER IL CLERO dicendo: Cuore di Gesù, manda santi sacerdoti e ferventi religiosi alla tua Chiesa.

 

In particolare per le intenzioni affidate all'AdP dal Papa:

  • Perché i disabili psichici non siano emarginati, ma rispettati, e con amore vengano aiutati a vivere in modo degno la loro ,condizione fisica e sociale.

  • Perché gli Istituti di Vita Consacrata, così fiorenti nei Paesi di missione, riscoprano la dimen­sione missionaria e, fedeli alla scelta radicale dei consigli evangelici, siano generosi nel testimoniare e annunciare Cristo fino ai confini del mondo.

 

E dall'Episcopato italiano:

  • Perché diventiamo aperti e ospitali nei confronti degli stranieri, coltivando rapporti di amicizia e di dialogo, dispo­nibili a farci carico delle loro difficoltà.

 

UN TESTO

PER

MEDITARE

 

PRIMA TI CONOSCEVO PER SENTITO DIRE; ORA I MIEI OCCHI TI VEDONO (Gb 42, 5)

Il pericolo che sempre ha minacciato la sapienza antica è stato quello di offrire una visione eccessivamente chiusa della realtà, come se non potesse esserci nulla in grado di sfuggire a questo ordine ferreo della creazione, che il saggio credeva di avere sco­perto, benché mai completamente.

Arriva un momento, nei lunghi secoli del cammino sapienziale dell'antico Oriente, nel quale la sapienza incappa nei suoi stessi limiti e comincia a riflettere sulla validità delle sue affermazioni e delle sue conoscenze. La sapienza è spinta a questa riflessione dalla constatazione che la creazione e l'esistenza umana presentano aspetti di non-senso. In particolare: il dolore, l'ingiustizia, il disordine sociale e, infine, la stessa morte. Il problema che si presenta alla sapienza è quello di spiegare tutti questi mali, quando essi non derivano necessariamente dall'agire degli uomini.

Si può dire, infatti, che un'infermità è conseguenza necessaria di un'azione precedente di colui che ne è vittima o dei suoi genitori, in modo che essa concorra a ripristinare l'armonia della creazione? Forse lo si può affermare in alcuni casi; e se l'infermo – e la sua famiglia – ha condotto una vita fisicamente e moralmente sana? In tal caso, cosa resta di questo mondo ordinato e armonico che, secondo quanto aveva scoperto la sapienza antica, era stato creato da Dio?

E precisamente questa la domanda che costituisce il punto di partenza della riflessione del libro di Giobbe. Né Giobbe né alcuno dei personaggi che intervengono nel libro sono israeliti. La questione che viene po­sta nel libro dal punto di vista teorico esistenziale è la domanda sul senso della sofferenza immeritata dell'innocente; che tocca universalmente gli uomini, siano essi israeliti o no.

La cosa più difficile da accettare per l'uomo che soffre non sono tanto i mali che patisce, quanto piuttosto il percepire che il dolore che lo attanaglia suppone l'ingiustizia, e perciò la sua mancanza di senso, non avendolo meritato. La domanda di Giobbe, il quale esige una spiegazione sulla sofferenza, nasce dal bisogno pratico ed esistenziale dell'uomo che soffre di conoscere il motivo della sua sofferenza, per poter convivere col dolore.

Ciascuno dei personaggi, del libro, formula tesi che considerano responsabile del male e della sofferenza che esso produce,alternativamente l'uomo e Dio. L'importante è che le tesi proposte nel libro, una volta esaminate, appaiono come risposte insufficienti. Di qui la sua conclusione e il messaggio dell'opera: la sofferenza non ha una spiegazione che l'uomo riesca ad afferrare: la comprensione della sofferenza supera le capacità dell'uomo.

La sofferenza si converte così in un punto di partenza per tracciare una nuova immagine di Dio. Il funzionamento del mondo creato non ci permette di conoscere Dio completamente, proprio perché Dio trascende questo mondo e perché la sua azione rimane libera, anche di fronte alla razionalità che l'uomo percepisce come stabilita da Dio nella sua creazione.

Dall'opuscolo di Josè Ramon Busto Sàiz, Dio non ha creato la morte, Ed. AdP. 2006

 

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