17
febbraio 2002
Ci
conduce
Leggendo
il Vangelo di Luca sull'infanzia di Gesù non avevo mai capito come Maria e
Giuseppe avessero potuto essere così distratti da perdere Gesù durante il
pellegrinaggio a Gerusalemme.
Tra
me dicevo, nella mia insipienza: io non l'avrei certo perduto.
A
costo di legarlo con una cordicina al mio piede, come si fa con le pecore nel
deserto. Ebbene, ora capisco che l'averlo perduto da parte di Giuseppe e Maria
è il titolo più luminoso per essi, segno della loro estrema libertà nei
riguardi di Gesù e più ancora nei riguardi del Padre che sta nei cieli.
Maria
non era «mammista» ed era così libera da lasciar circolare con libertà suo
figlio. Giuseppe non era schiavo di una creatura che lo sovrastava con
l'eminenza del Mistero.
L’essere
riuscito Lui, Gesù, a sgusciare lontano dalla loro sorveglianza è il più alto
titolo che illumina la dignità della fede di queste due creature.
Si
vede davvero, anche se il Vangelo non lo racconta, che Giuseppe e Maria avevano
anch'essi accettato il sacrificio di Abramo: «Dammi tuo figlio».
Ed
è per questo che Gesù era libero, talmente libero da restare lontano da loro
per tre giorni.
Talmente
libero da restare più tardi tre giorni nel ventre della terra.
Non
temere quando Dio ti chiama ma non temere nemmeno quando Lui tace.
Non
temere quando ti chiede di compiere un'opera ma non temere nemmeno quando te la
richiede.
Non
temere se ti dà lo sposo ma non temere nemmeno se non te lo dà.
Dio
è più grande della sua chiamata.
Dio
è più grande del bene che facciamo.
Ciò che conta è camminare alla sua presenza ed essere certi nella fede che è Lui che ci conduce.