4 agosto
Il
grido
C'è
una cosa che va detta parlando della preghiera: non viene dalla terra, ma dal
Cielo.
Il
grido che mi gonfia il petto e mi fa esclamare: «Dio, ti amo!»; lo sforzo che
fa ripetere a Faraggì, il mussulmano cieco, quando cammina sulla pista vicino a
me: «Com'è grande Iddio!»; il pianto di Davide: «Miserere!»; l'esaltazione
di Maria: «Magníficat»; la lacrima che spunta sul ciglio di chi confessa: «Gesù,
perdonami!»; l'improvviso arrestarsi estatico dello scienziato dinanzi alle
meraviglie dell'universo, sono opere dello Spirito Santo.
E'
lo Spirito del Signore che riempie il mondo e ci fa gridare: «Padre! »; che
immette in noi la corrente della preghiera.
E’
certo che possiamo resistergli - come per l'amore -; possiamo dire di no,
possiamo disperdere nel buco nero della nostra anima la corrente che passa,
possiamo chiudere le labbra, possiamo tacere. Ed è ciò che facciamo il più
delle volte; perché, se fossimo solleciti al rischio, saremmo in continua
preghiera.
Per
essere precisi, dobbiamo aggiungere che c'è anche una preghiera che possiamo
dire «nostra», cioè nata sulla terra, nel cuore dell'uomo. Ma questa
preghiera non è gran cosa: sovente è un po' di pettegolezzo spirituale; un
domandare cose che non servono al nostro vero bene. Un riempirci la bocca di
parole pie per paura della solitudine o del dolore, da cui Gesù ci aveva già
tenuto in guardia. Questa preghiera non si alza di un palmo al disopra della
nostra cieca cocciutaggine, del nostro egoismo.
Qui
sta il punto: la vera preghiera comincia quando si cerca la volontà di Dio. In
fondo, le cose sono semplici, estremamente semplici: basta ascoltare ciò che ci
ha detto Gesù, basta prendere il Vangelo e mettere in pratica ciò che Egli ci
ha detto.
Insomma, si tratta di volontà, non di parole.