9
febbraio
Rinuncia
nell'amore
La
rinuncia non è che un'intelligente accettazione della morte e delle sue
conseguenze, prima ch'ella arrivi. Le mie case, i miei beni, la mia eredità,
invece di abbandonarli allora, all'ultimo momento, forzatamente, li abbandono
ora e mi considero già figlio del Padre e vivo di conseguenza. Tutti i beni
miei li sacrifico volontariamente attestando con questo gesto la mia fede
nell'altra vita e negli altri beni.
I
«Nulla» di san Giovanni della Croce mi aiutano:
Nulla
ai
beni della terra,
ai
propri giudizi,
ai
propri meriti,
alle
stesse grazie,
a
se stessi.
Su
questa strada si giunge al cammino della croce e alla crocifissione dell'io. Te
ne verrà il seppellimento con Cristo, preludio della risurrezione con Lui per
sempre.
La
vita spirituale è dunque un cammino. Ha quindi bisogno di una guida che ci
riveli il Padre in due fondamentali istanti della vita dell'umanità. «Ecco il
mio Figlio diletto. Ascoltatelo» (al battesimo e al Tabor: cf. Mc 9, 7).
Ma
tale guida la si scopre nella fede, come Pietro, e la si segue nell'amore:
questo è il primo comandamento.
Il
destino dell'uomo non è più il possesso della terra ma il possesso del Cielo.
Dopo la sua elevazione allo stato sovrannaturale, le vigne, i campi, le case lo
devono interessare sempre meno in quanto la visione dei beni celesti diventa
sempre più evidente. In questa progressiva maturazione che ha per posta la
rinuncia, tutto l'umano si scolora dinanzi all'intensificarsi del fulgore divino
. Il figlio di Dio punta sull'eredità del Padre.
Quali
interessi possono presentare i beni mortali?