16 marzo
La morte vera
La morte è stata per Gesù l'istante supremo della più suprema povertà. Dio aveva scelto la strada della povertà per salvare l'uomo e nessun istante di questo suo cammino era stato così saturo di povertà come l0istante della sua morte. Dio morto era la povertà più assoluta: non si poteva andare più in là.
Raggiungendo, il Cristo, questo abisso oscuro e doloroso, aveva raggiunto tutti gli uomini che il Padre aveva predestinato ad essere figli, ma che la loro disobbedienza aveva perduti.
Il fuoco dell'amore, abbracciando il «non amore», aveva avuto il potere di fonderlo.
L'amore aveva vinto, l'uomo era salvo.
La libertà era tornata eredità della terra.
L'accettare la morte come atto d'amore non è facile e credo sia stato il capolavoro del Cristo nella sua fatica ad amare.
A noi, pur nella nostra infinita debolezza, tocca imitarlo.
Ma la morte, quella vera, non è quella fisica: quella semmai ne è soltanto il segno, l'orribile, visibile, sensibile rappresentazione.
La morte vera è la separazione da Dio e questa è intollerabile; la morte vera è la non fede, la speranza, il non amore
La morte vera è il caos ove finisce uomo quando disobbedisce al Padre, è il groviglio inestricabile in cui è ridotto dalle sue passioni, è la sconfitta più radicale di tutti i suoi sogni di grandezza, è il disfacimento di tutto l'uomo.
La morte vera è il vuoto, il buio, l'angoscia, la disperazione l'odio, la distruzione.
Ebbene, A Cristo ha accettato di entrare in questa morte, in questa separazione per rendersi solidale con tutti coloro che erano nella separazione e salvarli.
Quando fu sul fondo della loro disperazione annunciò la speranza con la sua risurrezione.
Quando fu nell'abisso della loro incapacità ad amare comunicò l'infinito gaudio dell'amore con la sua risurrezione.