25 luglio
Morte e vita
La morte interessa non solo l'ultimo giorno della nostra vita umana, ma, ogni giorno del nostro vivere.
Ogni istante del nostro esistere contiene in sé una dolorosa realtà di morte e, a motivo della Risurrezione di Cristo, una vera ed autentica esplosività di risurrezione.
Le due realtà sono nascoste in noi come sono nascoste in noi la morte e la risurrezione di Gesù.
«Sempre portiamo nel nostro corpo i patimenti di Gesù morente, affinché anche la vita di Gesù sia manifesta nel nostro corpo» (2 Cor 4, 10).
Il conflitto fra le due realtà è il passaggio nel Regno, quel Regno che Gesù ci ha annunciato «già presente dentro di noi» (Lc 17, 21) e che si sviluppa, cresce onde raggiungere la sua pienezza alla fine dei tempi.
È il transito tra il visibile e l'invisibile, la frontiera tra la natura dell'uomo e la natura di Dio, il frutto di ogni desiderio di bene, il valore di ogni sacrificio, il confermarsi di ogni atto di amore, l'autentica lenta gestazione a figli del Padre.
Sì, il binomio morte‑vita, che riceve dalla morte e risurrezione di Cristo il suo sigillo, la sua spiegazione, la sua pienezza, la sua irruzione nel Regno, è senza alcun dubbio la chiave di volta di tutti i perché che ci assillano e la giusta risposta alle contraddizioni del cuore umano.
Morte e vita significano, prese insieme e specie nel loro urto, il divenire delle cose, l'evoluzione perenne della creazione, i salti successivi della vita, i giorni splendenti della Genesi, il modo di procedere da parte di Dio per generare suo figlio e trasmettergli la sua esperienza d'amore.
Il nostro morire alla terra è il punto di nascita di un modo di essere superiore che si chiama vita divina in noi.