30 maggio
Nella sua dimora
La fede oggi è difficile. È un indiscusso segno dei nostri tempi. La caduta delle culture l'ha resa nuda, il trapasso di civiltà l'ha fatta dolorosa. Direi che è giunto un tempo in cui Dio lo scopriamo più facilmente nel suo negativo.
Di solito di Dio non udiamo la melodia quando sussurra, ma rabbrividiamo quando tace.
L'uomo si sente solo anche perché le Chiese sono state colte di sorpresa e sovente, prese dallo spavento, credono di salvarsi guardando al passato invece di marciare verso la novità di Dio con la confidenza di bimbi.
È tempo di Apocalisse e raramente come oggi il libro di Giovanni è un buon testo con cui pregare. Dice il Signore:
“ Io sono l'Alfa e l'Omega
il Principio e la fine.
A colui che ha sete
darò gratuitamente
acqua della fonte di Vita» (Ap 21, 6).
E a chi è spaventato dalla solitudine:
" Ecco la dimora di Dio con gli uomini!
Egli dimorerà tra di loro
ed essi saranno suo popolo
ed Egli sarà il "Dio‑con‑loro"» (Ap 21, 3).
E a chi soffre e trema:
“E tergerà ogni lacrima
dai loro occhi; non ci sarà più la morte,
né lutto, né lamento, né affanno,
perché le cose di prima sono passate...
Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21, 4s).
Ma dove l'Apocalisse può davvero essere il testo più illuminante per i giorni che viviamo è nell'atteggiamento di attesa del Dio che viene, del Cristo che torna.
«Maranà tha!» pregava la comunità di san Giovanni a Efeso. Vieni; Signore Gesù, vieni! (cf. Ap 22, 17‑20).