10 aprile
Contemplazione delle cose
Stasera, contemplando lo straordinario cielo del deserto, ho visto il corpo celeste più lontano dalla terra e visibile ad occhio nudo: la Nebulosa di Andromeda.
Appariva come pallida luce fluorescente a forma di lenticchia allungata, tra la regolarità geometrica di Cassiopea e l'incomparabile diamante delle Pleiadi. Quella luce della piccola lenticchia non è di oggi. E di un milione di anni fa.
Stasera ho visto indietro nel tempo di un milione di anni, ossia di diecimila secoli.
Ma Andromeda è la galassia più vicina alla nostra e gli astronomi sono ormai abituati a calcolare le distanze che ci separano dalle altre galassie sperdute nell'immenso, a decine di miliardi di anni luce.
Dio è da molto tempo che si è messo in cammino per venire a me, quando non ero nato. E con me non eran nati né il sole né la luna né la terra né la mia storia né i miei problemi.
Io non sono uno studioso, ma gli studiosi dicono che la terra su cui mettiamo i piedi è nata due miliardi di anni fa. Poi si è preparata ad attendere l'uomo nelle varie epoche geologiche in cui la creatività di Dio si è espressa in tutta la sua potenza e dolcezza.
«E fu sera... e fu mattina» (Gn 1, 5).
Ma tra un mattino e l'altro, fra una sera e l'altra... quanto tempo!
A me piace guardare il cielo e la terra. Non mi sembra tempo perduto.
Quando vengo per pregare nel deserto, preparo la mia preghiera con la contemplazione delle cose. Penso proprio che il Signore le abbia messe lì per questo.