20 febbraio
L'imitazione di Nazareth
Gesù è il «Santo di Dio».
Ebbene, il «Santo di Dio» realizza la sua santità con una vita non straordinaria, ma tutta impregnata di cose ordinarie, di lavoro, di vita familiare e sociale, con attività umane oscure, semplici, possibili a tutti gli uomini. Una volta scoperta la realtà spirituale di Nazareth, Charles de Foucauld ne cercherà la imitazione, la più fedele possibile.
Cercherà di avere un convento piccolo come la casa di Nazareth, cercherà di perdersi, annientarsi nel silenzio di un borgo sconosciuto, imiterà Gesù lavorando manualmente, e vorrà i suoi Piccoli Fratelli sempre alla ricerca dell'ultimo posto, là dove ci sono i poveri, là dove il clima è più rude, il salario più piccolo, la fatica più grande. Nazareth vorrà dire tutto questo: ma non solo. L'imitazione di Nazareth non è piccola cosa.
Quando penso che una porta, un assito, un muro può dividere una famiglia santa come quella di Gesù da quella di un vicino che, pur vivendo con lo stesso ritmo, la stessa fatica, la stessa giornata, ne è agli antipodi come tristezza, odio, impurità, cupidigia, e a volte disperazione, mi convinco della ricchezza interiore portata dal messaggio evangelico. Le stesse azioni, compiute sotto la luce di Dio, trasformano radicalmente la vita d'un uomo, d'una famiglia, d'una società.
Gioia o tristezza, guerra o pace, amore o odio, purezza o adulterio, carità o cupidigia sono tremende realtà che fanno il loro spartiacque sul crinale dell'interiorità dell'uomo. Vivere le cose comuni, i rapporti con gli uomini, il lavoro quotidiano, l'amore dei nostri in un determinato modo può generare santi; in un determinato altro modo, può generare demoni.