18 febbraio
Abitò tra noi
Ma c'è il buon senso nel Vangelo? O c'è il mistero? Forse che Gesù quando venne su questa terra, Lui l'Onnipotente, Lui l'Amore, non poteva guarire tutti i malati, sfamare tutti i poveri, lenire tutte le piaghe, risuscitare tutti i morti?
Perché non l'ha fatto? Perché ha lasciato il mondo come l'ha trovato, bisognoso, sofferente, ingiusto, cattivo?
Ha risuscitato Lazzaro, la figlia di Giairo e il figlio della vedova di Naim, è vero, ma solo per provare che non intendeva risuscitare tutti gli altri ed eran molti. Ne ha guariti sì parecchi, ma per lasciarli riammalare alla prima occasione, non certo rara per l'uomo sulla terra.
No, le cose non sono così chiare come il buon senso umano le vorrebbe, e resta, piaccia o non piaccia, un grande e buio mistero che solo la fede mi può illuminare e illuminare con una luce che non è di questo mondo e che ha bisogno per essere utilizzata di occhi ben avvertiti e penetranti.
Il mistero è Gesù stesso. L'amore infinito di Dio si è fatto uomo nel Cristo che «abitò tra noi». Sempre, ma soprattutto due momenti di questo «abitare tra noi» sono veri nella loro sfolgorante bellezza: a Betlemme e sul Calvario.
Mai Gesù fu così uomo come in quelle due situazioni perché l'impotenza e il dolore sono le più cospicue eredità dell'uomo sulla terra come creatura e come peccatore.
Gesù si mette accanto all'uomo e gli insegna a vivere l'impotenza ed a sopportare la sofferenza con l'amore nell'amore.
Accanto all'uomo, immerso nella sua indigenza o soffocato dal suo dolore, Gesù passa. Aveva mille modi per aiutarlo, ma sceglie il più duro, il più radicale: imitarlo, mettersi al suo posto, somigliargli il più possibile. «In tutto si fece simile all'uomo meno che nel peccato».