21 gennaio
La novità
Quando io prego e lui mi fa attendere con la sua assenza, quando io cerco la sua presenza e lui mi dà la sua oscurità ed io resisto, sapete quale è la risposta? La novità. In questa terra oramai tutto mi annoia meno che la novità di Dio. Dio è sempre la novità, è l'eterna novità.
Sembra che sia assente dalla tua preghiera e tu rimani nell'aridità, nell'oscurità, tutta la notte a cercarlo come la sposa del Cantico e tu senti alla fine il suo profumo che è rimasto sopra il tuo vestito. Quando noi superiamo il passaggio che è il mistero del Cristo che si chiama la Pasqua, morte, siamo vivi all'autentica contemplazione.
San Francesco giovane cantava sopra il Subasio: «Laudato sii mi Signore per frate foco».
Ma era la poesia, era sentimento, era giovinezza. Ma quando Francesco si troverà nella grotta di Sassospigola alla Verna, con gli occhi chiusi dalla malattia e con il cuore squarciato dalla sofferenza di avere una congregazione che non lo seguiva in questa sofferenza, di avere i suoi frati che non volevano capirlo, in quel momento, ridotto a passività, sarà colpito dal cherubino. Che siano vere o non vere le stigmate, non importa, sono soltanto dei segni, ma ciò che conta è che egli è pronto a quest'azione che Dio compie su di lui nella sua perfetta passività.
Quando tu nella preghiera al Padre riesci a superare il disagio del passaggio, allora incomincia veramente una nuova realtà, tu vivi la vita del Cristo. Ognuno di noi è chiamato a rifare la stessa strada di Gesù. Ed è questa la nostra grandezza su questa terra: di vivere la stessa vita di Gesù. E la vita di Gesù ha come realtà centrale quella che noi cantiamo e chiamiamo Pasqua e che ha un solo significato: la vita nasce dalla morte. Anche la contemplazione, che è vita, nasce dalla morte. E la morte dell'attesa, è la morte dell'aridità in cui Dio ti conduce per portarti a quella che è la preghiera di Gesù: «Padre, non la mia volontà, ma la tua si faccia» (Lc 22, 42).