30 settembre
La misura dell'amore
Nella mia marcia verso di Lui, mi ero ridotto a uno straccio: non riuscivo più a camminare. Nei miei maligni trascorsi, mi ero ridotto a una piaga purulenta che faceva schifo al cielo e alla terra.
Qual è il peccato che non ho commesso, o che non ho commesso solo perché non ne ho avuto l'occasione?
Ebbene, fu Lui, solo Lui a scendere dalla cavalcatura, come il buon samaritano sulla strada di Gerico, e ad avere il coraggio d'avvicinarsi a me per cercare di fermare, con le sue fasciature, quel po'' di sangue che mi restava ancora dentro e che sarebbe certamente uscito senza il suo intervento.
Gesù divenne per me sacramento, causa della mia salvezza, chiusura del mio inferno, frenata al mio disfacimento. Mi lavò con pazienza nelle acque del Battesimo, mi diede la gioia esilarante dello Spirito Santo nella Cresima, mi nutrì col pane della sua parola. Soprattutto mi perdonò, dimenticò tutto, non volle nemmeno ch'io ricordassi il mio passato. Quando, piangendo, incominciavo a raccontargli qualcosa del tempo in cui lo tradivo, mise con amore la sua mano sulla mia bocca affinché tacessi.
Fu solo preoccupato ch'io potessi riprendere coraggio per rialzarmi ancora una volta, per tentare di marciare nonostante la debolezza e credere al suo amore nonostante i miei timori.
Ma ci fu una cosa che fece al di là di ogni misura, qualcosa di autenticamente inverosimile, qualcosa che Dio solo poteva fare.
Davanti a me che continuavo a dubitare della mia salvezza, a dirgli che i miei peccati non potevano essere perdonati, che pure la giustizia aveva i suoi diritti, un venerdì verso mezzogiorno comparve sulla croce. Io ero sotto e mi trovai inondato dal suo sangue, che colava dalle fessure fatte dai chiodi sulla sua carne. Rimase lì per tre ore, fin quando spirò.
Capii che era morto perché io non gli tornassi più a fare questioni di giustizia, perché io credessi fino in fondo che la bilancia aveva traboccato dalla parte dell'amore, Lui aveva vinto per sempre, e aveva per sempre attratto tutto a sé.