17 febbraio 2008

Ci conduce

 Leggendo il Vangelo di Luca sull'infanzia di Gesù non avevo mai capito come Maria e Giuseppe avessero potuto essere così distratti da perdere Gesù durante il pellegrinaggio a Gerusalemme.

Tra me dicevo, nella mia insipienza: io non l'avrei certo perduto.

A costo di legarlo con una cordicina al mio piede, come si fa con le pecore nel deserto. Ebbene, ora capisco che l'averlo perduto da parte di Giuseppe e Maria è il titolo più luminoso per essi, segno della loro estrema libertà nei riguardi di Gesù e più ancora nei riguardi del Padre che sta nei cieli.

Maria non era «mammista» ed era così libera da lasciar circolare con libertà suo figlio. Giuseppe non era schiavo di una creatura che lo sovrastava con l'eminenza del Mistero.

L’essere riuscito Lui, Gesù, a sgusciare lontano dalla loro sorveglianza è il più alto titolo che illumina la dignità della fede di queste due creature.

Si vede davvero, anche se il Vangelo non lo racconta, che Giuseppe e Maria avevano anch'essi accettato il sacrificio di Abramo: «Dammi tuo figlio».

Ed è per questo che Gesù era libero, talmente libero da restare lontano da loro per tre giorni.

Talmente libero da restare più tardi tre giorni nel ventre della terra.

Non temere quando Dio ti chiama ma non temere nemmeno quando Lui tace.

Non temere quando ti chiede di compiere un'opera ma non temere nemmeno quando te la richiede.

Non temere se ti dà lo sposo ma non temere nemmeno se non te lo dà.

Dio è più grande della sua chiamata.

Dio è più grande del bene che facciamo.

Ciò che conta è camminare alla sua presenza ed essere certi nella fede che è Lui che ci conduce.

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