24 gennaio
Annunciare la buona novella della vita
A Hong Kong, mi diceva una ragazza sensibilissima e povera: «Mio nonno quando ha lasciato il lavoro è rimasto senza aiuto. Ha cominciato per un po' ad arrangiarsi ma, quando è arrivato al traguardo delle sue forze, ha lasciato un biglietto in casa ed è scomparso, gettandosi da uno scoglio nella baia. I cine-si sovente preferiscono morire in silenzio, suicidandosi, che continuare a pesare sulla famiglia, numerosa e povera».
Ma è proprio in queste situazioni disumane e feroci che il fenomeno del Vangelo rompe la crosta della terra e irrompe nelle coscienze.
Ed io l'ho talmente sentito che, per la prima volta nella mia vita, ho desiderato vivere ancora per annunciare la parola di Dio.
Ho provato cosa dice san Paolo al pensiero di sbarazzarsi del peso della terra: «Per me certo la vita è Cristo e morire è un guadagno. Però se la mia vita nella carne può essere utile per il Vangelo, ecco... io esito nel fare la scelta. Io mi sento preso da questa alternativa: da un lato desidero andarmene per essere con Cristo, ciò che è senza dubbio preferibile; ma d'altra parte se dimorare nella carne è più urgente per il vostro bene, sì questo mi persuade: io so che resterò per essere con voi» (cf. Fil 1, 21-25). A Hong Kong ho sentito la gioia di vivere per annunciare la Buona Novella.
Quale felicità annunciare agli uomini che siamo risorti in Cristo, che la storia va verso la vita, non verso il caos, che le nostre lacrime sono contate, che tutto ha un significato perché Dio è il Vivente ed è Padre.
Sì, per questo merita vivere, merita prolungare la propria esistenza, merita dire come diceva il padre de Foucauld:
«Per il Vangelo son disposto ad andare sino ai confini del mondo e vivere fino al giudizio universale».