19 settembre
Capire
Non mi chiedo se ci sia o non ci sia l'inferno.
E una domanda inutile se leggo bene il Vangelo.
Debbo invece cercare di non entrarci e trovare qualcuno che mi blocchi la strada prima che sia troppo tardi.
Proprio così è capitato al figliol prodigo della parabola di Luca (cf. Lc 15, 11-32).
Il fuggitivo fu bloccato dalla farne e tornò a casa perché aveva fame.
Non è molto bello, non è elegante la cosa, ma è così. E Dio non bada troppo ai dettagli.
Ciò che conta per Lui è salvare suo figlio, e c'è riuscito servendosi della fame.
Qualche volta si serve di cose anche più dure.
E terribile l'amore di Dio quando si mette sulla strada della nostra salvezza!
Ci fa a pezzi, ci stritola pur di non perderci. E non perderci significa, da parte nostra, capire.
Capire che non si deve scherzare o disprezzare l'amore. Capire significa entrare nelle sofferenze del fratello.
Capire che il nostro orgoglio ferisce attorno a noi, che la nostra avarizia affama qualcuno. Con troppa facilità diciamo: «Perché la sofferenza del mondo, perché il dolore degli innocenti, perché la fame, perché la guerra?».
Cosa capiterebbe nel mondo, se potenti e no incominciassero a rispettare l'uomo, e soprattutto ad imparare ad aiutarlo, se noi divenissimo o tentassimo di divenire fratelli?
La terra diverrebbe un paradiso.