25 agosto 2013
Il
Rosario
Per
la preghiera è come per l'amore: le parole abbondano al principio, le
discussioni sono dei primi tempi. Poi si fa silenzio e ci si intende a
monosillabi. Nelle difficoltà è sufficiente un gesto, uno sguardo, un nulla:
basta amarsi.
Viene
quindi il tempo in cui la parola è di troppo e la meditazione è pesante, quasi
impossibile.
E’
il tempo della preghiera di semplicità, tempo in cui l'anima si intrattiene con
Dio con uno sguardo semplice, amoroso anche se sovente accompagnato da aridità
e sofferenza. In questo periodo fiorisce la così detta preghiera litanica: cioè
ripetizione all'infinito di identiche espressioni povere di parole ma ricche,
straricche, di contenuto. «Ave Maria ... », «Gesù ti amo…», «Signore
abbi pietà di me ... ».
E
il tempo del Rosario vissuto ed amato come una delle più alte e ispirate
preghiere. Sovente, nella mia vita di europeo, ho avuto modo di assistere, o
prendere parte, a discussioni animate sul pro e contro il Rosario. Ma, alla
fine, non ero mai pienamente soddisfatto. Fu nel deserto che compresi che coloro
che discutono sul Rosario, non hanno ancora capito l'anima di questa preghiera.
Il
Rosario appartiene a quel tipo di preghiera che precede di poco, o che
accompagna, la preghiera contemplativa dello Spirito. Meditate o non meditate,
distraetevi o meno, se amate il Rosario a fondo, e non potete trascorrere la
giornata senza recitarlo, significa che siete uomini di preghiera. Il Rosario è
come l'eco di un'onda che percuote la riva, la riva di Dio: «Ave Maria... Ave
Maria... Ave Maria».
E’ come la mano della Madre sulla vostra culla di bambino; è come il segno di abbandono di ogni difficile ragionamento umano sulla preghiera, per l'accettazione definitiva della nostra piccolezza e della nostra povertà. Il Rosario è un punto di arrivo, non un punto di partenza.