23 giugno 2013
Il
modello
Charles
de Foucauld era nobile visconte. Nelle sue vene correva sangue altero e abituato
al comando. Innamorato di Cristo con la forza di un san Francesco, ne ricercò
nel Vangelo la personalità, il carattere, la vita.
E’
raro trovare un uomo più appassionatamente impegnato a scoprire i dettagli
della vita di Gesù per imitarne l'atteggiamento, i gesti, le intenzioni
recondite.
Ebbene,
in questa ricerca amorosa, fatta per trovare memoria di imitazione fedele e
vivente, Charles de Foucauld si stupisce soprattutto di una cosa: Gesù è un
povero e un operaio.
Nessuno
può contraddire questo fatto. Il Figlio di Dio, che liberamente poteva
scegliere - ciò che non capita a nessun altro - scelse non solo una madre e un
popolo, ma una situazione sociale, e volle essere un salariato.
Ed
è appunto questa posizione volontaria di Gesù di perdersi in un borgo anonimo
del Medio Oriente, di annientarsi nella monotonia quotidiana di trent'anni di
lavoro rude e misero, di scomparire dalla società «che conta», per morire in
un anonimato totale, che maggiormente sconvolge il nobile convertito.
Perché
Gesù non fu scriba? Perché non volle nascere in una di quelle famiglie
destinate al comando, alle responsabilità, all'influenza sociale e politica?
Ed
eccolo alla ricerca appassionata delle intenzioni che guidano il Maestro divino
nella scelta della sua vita, di tutta la sua vita.
E
non tarderà ad uscire in quella esclamazione che resterà, in fondo, la guida
ascetica della vita del grande esploratore del Marocco e del mistico Sahariano:
«Gesù ha talmente cercato l'ultimo posto, che ben difficilmente qualcuno potrà
strapparglielo».
Nazareth era l'ultimo posto: il posto dei poveri, degli anonimi, di coloro che non contano, della massa degli operai, degli uomini piegati alle dure esigenze della fatica per un po' di pane.