29 dicembre 2013

Abitò in mezzo a loro

 Tutte le case che ho abitato quaggiù - positivamente o negativamente ‑ non han fatto altro che sollecitare, maturare, qualche volta esercerbare, l'idea che siamo fatti per vivere in una casa, per noti essere soli. Siamo fatti di rapporti con altri. Siamo fatti di amore, di dolcezza, di dono di sé, di reciprocità.

Quando san Giovanni, nell'Apocalisse, vede la fine dei tempi, in una visione che riassume tutte le realtà messianiche ormai in atto dopo il trionfo di Crísto, ha come materia della sua visione ancora la casa.

«E vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal Cielo, da presso Dio, preparata come sposa che si è ornata per lo sposo. E udii una voce grande proveniente dal Trono che diceva: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini, e dimorerà tra essi ed essi saranno suo popolo e Dio stesso sarà con essi. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi e la morte non ci sarà più... "» (Ap 21, 2-4).

Sì, Dio dimorerà con gli uomini nella stessa «casa», e la sua Presenza sarà così totale nella sua creatura da escludere, meglio superare, le precedenti «presenze», perfino quella legata al Santuario.

«E non vidi in essa alcun santuario poiché il Signore Iddio dominatore universale e l'Agnello sono il suo santuario» (Ap 21, 22), e dove la luce di Dio è tale che «la città non ha bisogno del sole né della luna che la rischiarino poiché la gloria di Dio la illumina e la sua lucerna è l'Agnello» (Ap 2-1, 23).

Siamo fatti per una casa che ci dia il senso della stabilità, della continuità, del riposo.

Sì, siamo fatti per una casa dove Dio è padre e dove tutti gli uomini sono fratelli.

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