24 agosto 2014

Noi siamo ciò che preghiamo

Potremmo dire che noi siamo ciò che preghiamo.

Il grado della nostra fede è il grado della nostra preghiera; la forza della nostra speranza è la forza della nostra preghiera; il calore della nostra carità è il calore della nostra preghiera. Né più né meno.

La nostra preghiera ha avuto un principio, perché noi abbiamo avuto un principio; ma non avrà fine, e ci accompagnerà nell'eterno, e sarà il respiro della nostra contemplazione estatica di Dio, e il canto della nostra felicità eterna. La preghiera è una parola che varia sempre, fosse anche ripetuta all'infinito con le stesse sillabe e con lo stesso tono di voce. Ciò che varia è lo spirito del Signore che l'anima; e questo non si ripete mai, è sempre nuovo.

Santa Bernardetta Soubirous, che non sapeva dire se non «Ave Maria»; o il mistico che non può più ripetere se non il monosillabo «Dio», hanno la preghiera più varia e personale che ímmaginar si possa, perché, sotto il velo di quell'unica parola, passa solo e tutto lo spirito di Gesù, che è lo spirito del Padre.

Per capire bene la preghiera, è necessario capire che si parla con Dio.

Ci sono quindi due poli: L'uno piccolo piccolo, debole debole: la mia anima; uno immenso e onnipotente: Dio!

Ma qui sta la prima sorpresa: che Lui, così grande, abbia voluto parlare con me, così piccolo; Lui, Creatore, con me creatura. Non sono stato io che ho voluto la preghiera; è Lui che l'ha voluta.

Non sono stato io che l'ho cercato; è stato Lui che mi ha cercato per primo. Vano sarebbe stato il mio cercare Lui, se prima di tutti i tempi non fosse stato Lui a cercare me.

La speranza, su cui poggia la mia preghiera, sta nel fatto che è Lui che vuole la mia preghiera. E se vado all'appuntamento, è perché Lui è già lì ad attendermi.

indice Carlo Carretto 2003