29 giugno 2014

Fratel Paolo

Ad un certo punto della pista nel Sahara mi imbatto in un cantiere di lavoro. Una cinquantina di indigeni, guidati da un sottufficiale del genio, faticava a sistemare la strada rovinata dalle piogge invernali. Sotto il sole sahariano, non macchine, non tecnica: solo la fatica dell'uomo nel caldo e nella polvere a maneggiare per tutta la giornata la pala e il piccone.

Povero, stracciato, sudato, sporco: è fratel Paolo, un Piccolo Fratello che ha scelto quel cantiere per vivere il suo calvario e mescolarsi a quella pasta come lievito evangelico. Nessuno aveva scoperto l'europeo sotto quegli abiti, quella barba e quel turbante ingiallito dalla polvere e dal sole. Lo conoscevo bene fratel Paolo, perché avevo fatto il noviziato assieme.

Ingegnere parigino, lavorava in una di quelle commissioni destinate a preparare la bomba atomica di Reganne, quando sentì la chiamata del Signore. Lasciò ogni cosa e fu Piccolo Fratello. Ora era lì.

Ricordo sua madre quando venne, in occasione dei voti, al noviziato. «Mi aiuti, fratel Carlo, a capire la vocazione di mio figlio. lo l'ho fatto ingegnere, voi l'avete fatto manovale. Ma perché? 0 almeno vi serviste di mio figlio per quel che vale! No: dev'essere manovale. Ma dite, alla Chiesa non ne verrebbe più decoro, più efficacia a farlo agire come intellettuale?».

«Signora, rispondevo io, ci sono cose che non si possono capire con l'intelligenza e il senso comune. Solo la fede ci può illuminare. Perché Gesù volle essere Lui povero? Perché volle nascondere la sua divinità e la sua potenza e vivere tra noi come ultimo? Perché, signora, la sconfitta della croce, lo scandalo del Calvario, l'ignominia della morte per Lui che era la Vita? No, signora; la Chiesa ha bisogno di un chicco di grano di più da far morire nei suoi solchi. E più questo chicco è turgido di vita e sapido di cielo e di sole, e più sarà gradito alla terra che lo deve accogliere per la futura messe».

indice Carlo Carretto 2003