30 novembre
Maestri della fede
La fede è un dono di Dio, che ha bisogno per realizzarsi, del nostro sforzo. Dio ci dà la barca e i remi, ma per ci dice: “tocca a te remare”.
Fare «atti positivi di fede» è come allenare questa facoltà; e l'allenamento sviluppa la facoltà come la ginnastica il muscolo. Davide sviluppò la sua fede accettando di battersi con Golia. Abramo diventò un gigante nella fede accettando fino all'estremo limite il buio di un’obbedienza che gli chiedeva il sacrificio del figlio.
La lettera agli Ebrei dirà: «Per mezzo di questa fede i nostri Padri ricevettero buona testimonianza ‑ e continua più avanti dicendo che per la fede-, molti furono messi alla tortura, non accettando la liberazione loro offerta. Altri ebbero a provare scherni e sferze, ceppi e prigione» (Eb 11, 2.35‑36).
Tutti gli uomini e tutte le donne che vissero di fede, sono posti sullo spartiacque del Vecchio e del Nuovo Testamento e chiamati da Dio ad una vocazione talmente unica e grandiosa che fa restare il cielo in sospeso ad attendere la loro risposta: come Maria e Giuseppe. Maria deve divenire la Madre del Verbo, e
Giuseppe deve velare il mistero mettendosi accanto a Lei, per far credere a tutti che Gesù sia suo figlio. Per queste due creature, la fede non fu solo buia, fu dolorosa.
Maria e Giuseppe, maestri ella fede, gli esempi perfetti a cui ispirare le nostre azioni, per correggere la nostra rotta, sorreggere la nostra debolezza. Come allora accanto a Gesù, siate ancora accanto a noi per accompagnarci verso l'Eterno, per insegnarci ad essere piccoli e poveri nel nostro lavoro, pazienti nell'esilio, umili e nascosti nella vita, coraggiosi nelle prove, fedeli nella preghiera, ardenti nell’amore. E quando verrà l'ora della nostra morte, cioè spunterà l’aurora sulla nostra notte amica, possano i nostri occhi, fissando il cielo, scorgere re la stessa stella che illuminò il vostro cielo quando Gesù venne su questa terra.