7 dicembre 2014
Tenere aperta la porta
Ancora una volta, e ormai vicino alla mia morte, ho avuto la gioia di sperimentare la bellezza dell'amore fraterno, dell'autentico apostolato, attraverso la contemplazione di una famiglia‑piccola Chiesa.
Mi sono ammalato e... per benino, proprio per sentire tutta la debolezza dell'uomo sopraffatto dal dolore e dalle giornate piene di amarezza e di povertà.
In queste condizioni venni raccolto da una famiglia cristiana, che mi ha portato nella sua casa di montagna per cercare, con tutto l'affetto, se era ancora il caso di... guarire.
Ho vissuto due mesi circondato da un'ospitalità premurosa, con cristiani non solo decisi a farmi tornare in forze, ma solleciti alla preghiera insieme e al vivere assieme in un clima di amore e di gioia spirituale.
Qui, pensando a me e a ciò che mi è capitato, mi viene in mente di augurare a tutti coloro che si sentono soli o poco aiutati nelle loro esigenze, di rompere la loro solitudine e di cercare di vivere, nell'amicizia e nella condivisione, il «progetto Chiesa», che significa comunità, carità, preghiera.
«Guai al solo!» dice la Scrittura, e com'è vero!
E com'è vero che dobbiamo impegnarci con tutte le forze quando abbiamo ancora la possibilità di tenere aperta la porta di casa alla diffusione del Vangelo, per pregare in comune e contemplare la meraviglia che è l'essere Chiesa.
Ne verrà che non resteremo soli e gli amici saranno come i figli generati in gioventù, «frecce acute nella faretra» che ci aiuteranno, e, come il giusto del Salmo 127, non resteremo confusi quando verremo « a trattare alla porta» con i nostri nemici (Sal 127, 5).