9
marzo
La scoperta
Una delle fortune più grandi che mi sono capitate nella vita è stata senza dubbio la scoperta della Bibbia che ho fatto verso i vent'anni.
Attribuisco a tale scoperta quel po' di sensibilità religiosa che mi condusse prima a donarmi all'apostolato nel mondo e, più tardi, a ricercare l'Assoluto in una Congregazione contemplativa come quella dei Piccoli Fratelli del padre de Foucauld.
La Bibbia non mi ha mai deluso. Ho trovato in essa ciò di cui la mia anima aveva bisogno, tappa dopo tappa.
Mi a sempre accompagnato nello sviluppo della fede.
Noi veniamo da un tempo in cui la Bibbia era un libro sigillato, quasi proibito. Un tempo oscuro in cui nemmeno nelle famiglie cristiane si trovava l'amore alla Bibbia, e la stragrande maggioranza dei cattolici non conosceva la Sacra Scrittura.
Per fortuna le cose sono cambiate con la ventata dello Spirito che ha soffiato nel Concilio.
Non è mia questa frase terribile, ma io l'ho esperimentata e vissuta come il suo autore, sant'Agostino: «Ignorantia Scripturarum, ignorantia Christi», l'ignoranza della Scrittura è ignoranza di Cristo.
La Bibbia è un autentico libro di Dio.
Ecco la verità che si fa strada, la consapevolezza che conquista oggi le anime sotto il vento dello Spirito.
Non temo di essere smentito se dico che avremo, a motivo di questo vento, una grande e rigogliosa primavera e che, tra le altre caratteristiche di questa primavera postconciliare, è certa la caratteristica di un ritorno dei cristiani alla Bibbia.
Perché sta qui la grandezza e la insostituibilità della Bibbia: è Dio che parla, è Dio che si svela all'anima quando l'anima, nell'umanità e nella disponibilità cerca tra le sue righe la volontà eterna del Signore.