15 febbraio 2015

Sforzarsi

 Uno dei problemi che più mi ha occupato nella mia vita spi­rituale è quello di conoscere il come, il modo e la misura dell'intervento divino nell'attività umana, specie per quanto riguarda la vita di santificazione. Ieri mi è venuto facile il rappor­tare tale intervento all'azione della natura nel lavoro del contadi­no ed ho trovato utili insegnamenti. Immaginiamo un podere fecondo e sistemato. L'incuria di qualche proprietario l'ha tra­sformato in un deserto. Ora si domanda: tocca alla natura o all'uomo ristabilire il podere nella primitiva bellezza?

Indubbiamente si è portati in questo caso a veder subito la parte che tocca all'uomo. Bisogna che l'uomo agisca, sudi, scassi, tagli, eccetera. Senza questo sforzo non si mette in moto il meccanismo stabilito dalla volontà di Dio a riguardo di quel campo. Quindi lo sforzo dell'uomo è indispensabile, è cioè voluto da Dio.

Naturalmente l'uomo nel suo agire otterrà più risultati in proporzione alla sua collaborazione con le forze della natura, ma il suo agire è indispensabile.

Però, nonostante il lavoro dell'uomo e il suo sforzo, una gran parte rimane al misterioso gioco delle forze naturali per cui egli può avere un'annata ottima quando meno ha agito e un rac­colto pessimo quando più s'è impegnato.

Venendo al rapporto uomo‑Dio possiamo metterci nella stessa situazione: Dio vuole lo sforzo dell'uomo. Avendo Lui creato l'uomo libero, sa che questo sforzo è l'autentica testimo­nianza della sua fede. È l'uomo che si eleva alla volontà di Dio, che fa ciò che Dio vuole, come nella preghiera chiede ciò che Dio vuole: il lavoro spirituale, l'umiltà, la preghiera, la grazia, il sacrificio, la linea della fecondità spirituale.

Quindi lavorare sì, ma in un dato senso, in una ben chiara direzione.        ‑

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