15 novembre 2015
Col sudore della fronte
Dio si serve dell'uomo per realizzare il Suo volere, per compiere il Suo disegno. Ma è anche vero che l'uomo, col lavoro, rifinisce la creazione, la migliora, l'abbellisce.
Guardiamo una collina selvaggia: rovi, spini, alberi contorti. Avviciniamoci ad un ulivo selvatico: le foglie sono piccole, aride, le bacche insecchite.
Viene l'uomo. Sembra che accarezzi l'albero con la sua opera. Taglia, ripulisce, innesta, concima... Ripassate dopo un po' di tempo; le foglie dell'ulivo si sono ingentilite, le bacche sono diventate succose, i rami stessi sembrano distendersi in pace, con ritmo più armonioso, più vero.
La collina selvaggia si trasforma in un uliveto ubertoso: il dopo è migliore del prima.
Potremmo dire che l'uomo non è solo nel suo lavoro, ma che è Dio stesso a lavorare in lui: ed è vero.
Dio, immanente alla creazione, lavora con la creazione a realizzare il Suo disegno, e in ciò si serve di tutto, e si serve dell'uomo. Nella mano dell'artista c'è la mano di Dio che chiama alla bellezza; nella mano del tecnico c'è la mano di Dio che vuole l'unità della famiglia umana; nella mano dell'operaio c'è la mano di Dio che vuole il pane per i suoi figli.
Dio è nel lavoro di tutti gli uomini e sotto il velo di tutte le buone volontà. Nessuna scoperta a cui perviene l'uomo è assente dalla mente di Dio, nessuna realizzazione tecnica è stata raggiunta senza la sua divina volontà di bene.
Sì, il lavoro è indispensabile per l'uomo.
Una parola che dice la realtà del lavoro è: «redenzione».
Il lavoro, che prima del disordine recato dal peccato era solo azione e gioia, col peccato e la ribellione vedrà introdursi tra le sue maglie la fatica, la sofferenza, il sudore. Diventerà insomma lavoro redentivo, aiuterà l'uomo a liberarsi dal male, a pagare i suoi debiti con la giustizia, a far cose serie ed utili, a collaborare giorno dopo giorno alla salvezza.