16 agosto 2015

Il cammino della preghiera

Il cammino della preghiera è lungo quant'è lunga la vita dell'uomo, né più né meno. Ora è un gioioso sentiero tra i prati, ora una pacificante strada di campagna, ora è una mulattiera aspra che sale tortuosa sui monti, ora un itinerario tra le rocce nude delle vette. A volte è come un viale di città pieno di chiasso e di distrazione, e a volte segue il corso delle acque che scendono sotto la strada nei canali sotterranei che vanno al fiume o al mare, portando i detriti e il lezzo della vita.

Ma è sempre preghiera.

Io penso che sia preghiera anche quando non è silenzio e non

presenta altro, per chi vede dal di fuori, se non i ciottoli di un tor­rente disseccato. Forse che non è preghiera, per il cielo, uno stelo

d'erba che si ripiega assetato, anche se non sa chiedere acqua?

O forse che non è preghiera lo stato miserando dell'uomo

che tace con la bocca, ma parla con la sua vita?

Per un Dio che è amore, è difficile non trovare un appiglio onde giustificare il suo intervento e venire in aiuto a questa sua povera creatura — l'uomo — che ha avuto, prima del peccato, il torto di aver troppa fretta a raggiungere il suo fine, che era Dio stesso, e dopo il peccato di aver un altro torto: quello di non saper più credere ad un fine così grande per lui.

Ma Dio ascolta la preghiera dell'uomo, l'ascolta al di là di ogni limite.

L'ascolta quando questa preghiera è parola, l'aiuta quando diventa pensiero e meditazione, la sorregge e la anima quando finalmente diventa vita. Ma non basta.

Il destino dell'uomo va molto al di là della terra, oltre i confini della vita umana.

Se è vero, com'è vero, che il nostro fine è di raggiungere Dio e di contemplarlo a faccia a faccia al di là del simbolo terreno, nella sua realtà nuda e vera; è necessaria una preghiera che sia all'altezza di Dio, della natura di Dio, cioè sia soprannaturale. Tale è la contemplazione infusa.

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