10 aprile 2016

 Contemplazione delle cose

Stasera, contemplando lo straordinario cielo del deserto, ho visto il corpo celeste più lontano dalla terra e visibile ad occhio nudo: la Nebulosa di Andromeda.

Appariva come pallida luce fluorescente a forma di lenticchia allungata, tra la regolarità geometrica di Cassiopea e l'incompara­bile diamante delle Pleiadi. Quella luce della piccola lenticchia non è di oggi. E di un milione di anni fa.

Stasera ho visto indietro nel tempo di un milione di anni, ossia di diecimila secoli.

Ma Andromeda è la galassia più vicina alla nostra e gli astronomi sono ormai abituati a calcolare le distanze che ci sepa­rano dalle altre galassie sperdute nell'immenso, a decine di miliardi di anni luce.

Dio è da molto tempo che si è messo in cammino per venire a me, quando non ero nato. E con me non eran nati né il sole né la luna né la terra né la mia storia né i miei problemi.

Io non sono uno studioso, ma gli studiosi dicono che la terra su cui mettiamo i piedi è nata due miliardi di anni fa. Poi si è preparata ad attendere l'uomo nelle varie epoche geologiche in cui la creatività di Dio si è espressa in tutta la sua potenza e dol­cezza.

«E fu sera... e fu mattina» (Gn 1, 5).

Ma tra un mattino e l'altro, fra una sera e l'altra... quanto tempo!

A me piace guardare il cielo e la terra. Non mi sembra tempo perduto.

Quando vengo per pregare nel deserto, preparo la mia pre­ghiera con la contemplazione delle cose. Penso proprio che il Signore le abbia messe lì per questo.

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