13 novembre 2016

Preghiera e vita

Troppe volte, e per troppo tempo, la preghiera e la vita si corrono dietro come due ragazzi che giocano, si incrociano come due estranei sulla strada, convivono come due vicini che non si salutano, s'intristiscono come due sposi che non si amano più.

L'azione non elimini la contemplazione e che una contemplazione mal intesa non ci renda cittadini strani, scontrosi e antipatici.

Dobbiamo eliminare, o almeno ridurre, le contraddizioni tra azione e contemplazione, tra apostolato e preghiera, tra atti­vità esterna e attività interiore, tra il dedicarci a noi e il dedicarci agli altri. Come fare?

Si sente dire: «Ho troppi impegni professionali, non posso più pregare».

E ancora: «Come faccio a pregare con cinque bambini tra i piedi da mattina a sera?».

Queste espressioni denunciano una cosa molto grave: la svalutazione fondamentale dell'attività umana.

Il lavoro, lo studio, lo sbrigare le faccende, l'accudire ai figli sono cose importanti, terribilmente importanti!

Più ancora: sono cose sante in sé, perché sono valori umani voluti da Dio a cui io debbo dedicarmi con tutte le mie forze e con tutto il mio pensiero.

Se è vero che la preghiera è amore di Dio, come può questo amore essere escluso da un altro amore di Dio, che è fare l'apostolato?

Forse che il primo comandamento si mette in lotta col secondo che pur è simile al primo?

Forse che la carità che mi spinge verso il prossimo non mi spinge nello stesso momento verso Dio?

Ciò che chiamo apostolato non è amore del prossimo, allora, ma forse agitazione, attivismo, ricerca di sé.

Non dobbiamo disgiungere l'amore di Dio dall'amore del prossimo. Questi due amori debbono essere vissuti assieme e fusi in un tutt'uno.

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