17 aprile 2016

Il Servo sofferente

Quanto erano lontani gli uomini dalla rivelazione che Gesù stava facendo sul reale, sulla vita, su Dio!

Soprattutto su Dio.

Dio era rimasto nelle loro mani come il castigamatti di turno, geloso delle sue prerogative e desideroso di vedere un mondo regolato e tranquillo come un collegio di educande.

L'uomo meschino si forgiava un Dio meschino, incapace di novità e di salvezza.

Quanto era lontano il pensiero di Gesù dalle preoccupazio­ni moralistiche del Tempio!

E com'era limitata la visione umana sulle cose vere di Dio! E Dio, in Gesù, stava rivelando la sua identità.

Sulla terra stava esplodendo il cielo!

La luce era tale da obbligare tutti a chiudere gli occhi. Perfino Satana fu preso in giro dal fulgore di quel lampo e non si riprese più dalla sorpresa.

Quale fu la rivelazione?

Fu la rivelazione di un Dio povero, sofferente, sconfitto. L'uomo, abituato ai tuoni del cielo e al chiasso dei castighi, si trovò di fronte a Gesù morto sulla croce.

Tra tutti i volti pensati dall'uomo in preghiera sul Messia il volto più indovinato era stato quello intraveduto da Isaia: il volto del Servo sofferente.

Era l'Amore che si vestiva di povertà e di dolore per salvare l'uomo caduto nella povertà e nel dolore.

Era l'Amore che si faceva solidale con l'amato: l'uomo, e non dubitava di scendere fino nel fondo del suo peccato per sal­varlo.

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