22 maggio 2016

In parabole e simboli

L'esistenza di Dio è evidente a chi ne sente i passi.

Ma è evidente per chi è semplice, per chi è buono, per chi è vero.

E noi purtroppo non siamo più semplici, non siamo più buoni, non siamo più veri.

Non essere semplici, non esser buoni, non esser veri significa essere peccatori.

Dio non è evidente al peccatore. O almeno...è evidente e non è evidente, così ...a seconda ...Questo Dio, che è evidente e non è evidente nella natura, lo chiamerei il Dio della parabola.

Gesù stesso – continuando il metodo della natura nella sua prima rivelazione all'uomo - parlerà in parabole e ci dirà il perché: «Per questo parlo loro in parabole, perché vedano senza vedere e ascoltino senza ascoltare né comprendano» (Mt 13, 13).

Il Dio della parabola, si presenta attraverso il velo dei sim­boli, un Dio che ti manda da lontano una cartolina, un disegno, un quadro, un biglietto da visita. E un Dio che tu pensi «rivestito di maestà e di magnificenza ...» (Sal 104, 1) o che «vola sulle ali del vento» (Sal 104, 3).

E un Dio che va, che viene nella tua esistenza, che compare, che scompare e che soprattutto tu non riesci mai a localizzare o afferrare.

E ancora nascosto in una storia non pronunciata, in un germe non schiuso.

Poi viene una grande ora, un passaggio, un immenso salto di qualità, una cosa veramente nuova, un'ora veramente «ora». È l'ora di Dio; la pienezza dei tempi.

E il passaggio al Dio della fede.

Non si presenta più come un simbolo, come immagine, come ragionamento, come bellezza, come estetica, come numero, come spazio, come sentimento; si presenta come persona.

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