20 agosto 2017

Adorazione

La grande ricchezza del noviziato sahariano è senza dubbio la solitudine e la gioia della solitudine, il silenzio. Un silenzio, quello vero, che penetra per ogni dove, che invade tutto l'essere, che parla all'anima con una forza meravigliosa e nuova, non certo conosciuta dall'uomo distratto.

Per imparare a vivere questi silenzi, il maestro dei novizi ci lascia partire per qualche giorno «di deserto».

Una sporta di pane, qualche dattero, dell'acqua, la Bibbia. Una giornata di marcia, una grotta.

Un sacerdote celebra la santa Messa; e poi parte, lasciando nella grotta, su un altare di sassi, l'Eucaristia. Così, per una settimana, si resterà soli con l'Eucaristia esposta giorno e notte.

Silenzio nel deserto, silenzio nella grotta, silenzio nell'Eucaristia. Nessuna preghiera è così difficile come l'adorazione dell'Eucaristia. La natura vi si ribella con tutte le forze.

Si preferirebbe trasportare sassi sotto il sole. La sensibilità, la memoria, la fantasia, tutto è mortificato. Solo la fede trionfa; e la fede è dura, è buia, è nuda.

Mettersi dinanzi a ciò che ha l'aspetto di pane e dire: «Lì c'è Cristo vivo e vero», è pura fede.

Ma nulla nutre più della pura fede; e la preghiera nella fede è vera preghiera.

E l'incontro con Dio al di là della sensibilità, al di là della fantasia, al di là della natura. Ed è qui il primo aspetto dello spo­gliamento. Fin tanto che la mia preghiera resta ancorata al gusto, saranno facili gli alti e bassi; le depressioni seguiranno agli entusiasmi effimeri.

«Occorre spogliare la tua preghiera» mi dice il maestro dei novizi. «Occorre semplificare, disintellettualizzare. Mettiti dinanzi a Gesù come un povero: senza idee, ma con fede viva. Rimani immobile in un atto di amore dinanzi al Padre. Non cer­care di raggiungere Dio con l'intelligenza: non ci riuscirai mai; raggiungilo nell'amore: ciò è possibile». 

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