6 agosto 2017
Contemplativo e attivo
Se uno mi chiedesse com'è andata la faccenda e io dovessi scendere nei particolari, dovrei distinguere tre tappe che hanno caratterizzato il cammino della mia vita.
La prima tappa è stata quella dell'impegno vissuto a fondo: impegno familiare, impegno culturale, impegno organizzativo. E così fino a quarant'anni.
C'è un nome che riassume questo periodo e gli dà la nota dominante: Azione Cattolica.
Mi sono lasciato prendere fino in fondo, proprio com'è nella natura del mio essere.
L'Azione Cattolica mi ha condotto a uscire dal piccolo e ristretto ambiente familiare per farmi capire la Chiesa, viverne le tensioni profonde e scoprire il divino «noi» della comunità cristiana.
Devo molto all'Azione Cattolica e di essa ho solo cari ricordi.
A quarant'anni mi trovai a scoprire un'altra realtà e, quasi senza accorgermi, mi trovai a vivere la stupenda avventura del deserto.
Il Sahara è stato per me il vero rifugio dell'anima, il luogo stupendo della contemplazione, l'alcova prediletta dell'intimità con Dio.
Poi venne la terza tappa che, senza volerlo, sarebbe diventata come la sintesi delle prime due.
Avevo conosciuto l'azione, avevo conosciuto il silenzio della contemplazione, ora Dio mi conduceva a un tempo in cui contemplazione e azione dovevano fondersi in un'unica realtà: la Chiesa.
La Chiesa, nella sua realtà, è nel deserto ed è sulle strade. E nella notte passata a pregare ed è nella tensione dolorosa del mondo chiamato ad essere rigenerato in Cristo Gesù.
La Chiesa, la vera Chiesa, è contemplativa e attiva allo stesso tempo, proprio come contemplativo e attivo è il suo fondatore e modello unico: Gesù.