11 aprile 2021

La misura dell'amore

Per me, quel tratto di deserto tra 'Tit e Silet rimane il luogo del mio purgatorio, l'ambiente dove si raccoglie volentieri la mia anima a meditare le cose di Dio e dove... probabilmente chiederò d'andare, dopo morte, a continuare la mia espiazione, se non sarò stato capace in vita di compiere un atto d'amore perfetto.

Ecco la grande pietra sotto il sole accecante del Sahara, la lama d'ombra sulla sabbia calda, la distesa fino all'orizzonte dell'oued solcato dalle tracce dei camion e delle jeep dei petrolieri e dei geologi.

«Sarete giudicati sull'amore» mi ripete sulla mia immobilità questo luogo; e i miei occhi bruciati dal sole guardano lontano il cielo senza nubi. Non mi voglio più ingannare; non mi posso più ingannare: la realtà è che non sono stato capace di dare la mia coperta a Kadà per paura della notte fredda; il che significa che io amo più la mia pelle di quella del mio fratello, mentre il comandamento di Dio mi dice: «Ama la vita degli altri come la tua». E ciò appartiene ancora al Vecchio Testamento, alla prima rivelazione di Dio all'uomo: «Ama Dio sopra ogni cosa» (Dt 6, 5) e «ama il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19, 18).

Che se veniamo al Nuovo e alla Rivelazione di Gesù, le cose si complicano. «Amatevi tra di voi come Io vi ho amato!» (Gv 13, 34).

Come io! cioè non solo la coperta, ma la vita stessa. In realtà l'atto d'amore perfetto consiste nell'essere disposto a fare ciò che fece Gesù: cioè morire per Kadà, per me, per tutti. Sotto questa visuale, il Cielo è quel luogo dove ciascuno dei presenti dev'essere talmente «maturo all'amore», da offrire la sua vita per tutti gli altri. E l'amore perfetto, universale, radicale, senza ombra d'avversione, d'antipatia, di limite, colati in esso come nel fuoco.

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