26 settembre 2021
La trasformazione
Questa sabbia che tocco con le mani, che scorre tra le mie dita appartiene al «primario». Un qualunque geologo mi direbbe: è vecchia di 350 milioni d'anni.
I grandi rettili che popolarono questi luoghi, e di cui ho visto i resti nelle fosse sahariane, appartengono al «secondario»: 130 milioni d'anni. Quei cammelli che portano il sale nel Niger e che mi passano dinanzi in carovane lunghe ed eleganti, annoverano i loro progenitori nel lontano «terziario»: 70 milioni d'anni. E l'uomo, questo uomo così grande e nello stesso tempo così piccolo, con quanta lentezza marcia sui cimiteri degli animali che l'hanno preceduto!
E del «quaternario», di ieri: 500.000 anni. Dio non ha fretta di fare le cose; e il tempo è suo e non mio. Ed io, piccola creatura, uomo, sono stato chiamato ad essere trasformato in Dio per partecipazione. E ciò che mi trasforma è la carità, che Dio ha infuso nel mio essere. L'amore mi trasforma letteralmente in Dio.
E il peccato, è proprio qui: resistere a questa trasformazione, saper e poter dire di no all'amore. Vivere nel nostro egoismo significa fermarsi allo stato di uomo e impedirne la trasformazione nella carità divina.
«Sarete giudicati sull'amore»: ecco ciò che mi grida quel pezzo di deserto fra Tit e Silet.
«Sarete giudicati sull'amore» mi dice la grande pietra sotto la quale trascorrerò il mio purgatorio in attesa di maturare in me la carità perfetta, quella che Gesù ha recato sulla terra e mi ha donato a prezzo del suo sangue, accompagnandolo col grido della speranza: «Io vi risusciterò nell'ultimo giorno!» (Gv 6, 40)
Che quel giorno non sia troppo lontano!