Il pane e il vino per l'Eucarestia

   

 

Al tempo di Gesù il pane e il vino in Palestina erano l'alimento principale. Mangiare e bere hanno un profondo significato. Essi rendono possibile la vita. Chi non può mangiare e bere, chi non ha nulla da mangiare e da bere, deve morire. Così ogni pasto contiene un tacito accenno al carattere di dipendenza e di caducità della nostra vita. Cibo e bevande vengono sperimentate dall'uomo religioso come doni del Creatore, il quale è non solo l'origine e la fonte della vita, ma anche colui che la mantiene. Così il pasto è qualcosa che rimanda al Dio creatore. Chi pensa a ciò ringrazia. Ma ringraziare Dio significa pregare. E così la preghiera della mensa è un antichissimo uso dell'uomo. Il pasto stesso ha una connotazione religiosa, una solennità religiosa. Nello stesso tempo esso è un simbolo della comunione  e dell'amicizia con tutti coloro che vi partecipano. Così il pane e il vino, il mangiare e il bere poterono diventare per Cristo dei segni visibili per un pasto nel quale egli stesso diviene cibo e nel quale egli stabilisce la comunione dei partecipanti con sé e tra loro. 

Prima di prendere in considerazione singolarmente i due elementi invitiamo e leggere i numeri 281-286 di Principi e Norme per l'uso del Messale Romano e per facilitarne la comprensione e stimolare la riflessione riportiamo il commento ai numeri appena citati tratto da "Principi e norme per l'uso del Messale Romano - testo e commento", guida alla lettura di Rinaldo Falsini - Ed. O.R. Milano 1996:

 

PANE E VINO (nn. 281-286)

«Fedele all'esempio di Cristo, la Chiesa ha sempre usato pane e vino con acqua per celebrare la Cena del Signore» (n. 281). La frase non ha puro valore descrittivo, ma comporta una chiara presa di posizione di fronte a proposte anche molto recenti di usare altri alimenti propri di determinate culture (africane e asiatiche), quale il riso, il tè ecc. La continuità della tradizione, contro i tentativi verificatisi fin dai primi secoli, ha una sua chiara motivazione. Non si tratta di semplici alimenti conviviali, di cibo e di bevanda, ma di pane e vino ritenuti e usati quali simboli per indicare il Corpo e il Sangue di Cristo.

Ciò non toglie che il pane secondo la tradizione latina deve essere di frumento, fresco e azzimo (n. 282) - si presenti veramente come cibo (n. 283). Il richiamo alla sua evidenza di vero pane, non apparente ed evanescente come sono le sottilissime «ostie» bianche, è senza dubbio un omaggio alla verità degli elementi rituali, la valorizzazione del segno. Vero pane che rievochi le parole e il gesto di Gesù: « Io sono il pane vivo.., prese il pane... lo spezzò e lo distribuì ».

Ma vero pane anche in vista della valorizzazione del gesto della frazione: « Conviene che il pane eucaristico, sebbene azzimo e confezionato nella forma tradizionale, sia fatto in modo che il sacerdote nella Messa celebrata con il popolo possa spezzare davvero l'ostia in più parti e distribuirla almeno ad alcuni fedeli » (n. 283). Spezzare l'unico pane, distribuirlo fra i commensali e mangiarlo insieme è anche per noi, non solo per l'uomo biblico, un segno di comunione fraterna, «Il gesto della frazione del pane - continua il nostro numero - con cui l'eucaristia veniva semplicemente designata nel tempo apostolico, manifesterà sempre più la forza e l'importanza del segno dell'unità di tutti in un unico pane, e del segno della carità per il fatto che unico pane è distribuito tra i fratelli». Sacrificando la frazione del pane, come regolarmente avviene con l'uso del pane eucaristico di dimensioni ridotte, si sacrifica il segno dell'unità e della carità, al quale tanta importanza veniva riconosciuta al tempo apostolico.

L'impoverimento dei gesti rituali comporta sempre un impoverimento della nostra catechesi. Sacrificando il segno si rende sempre meno comprensibile la realtà del mistero eucaristico, perché questo si svela « attraverso i riti e le preghiere » (SC 48). Purtroppo l'invito dell'istruzione non è stato accolto che in rarissimi casi, in qualche celebrazione di gruppo. È diventato invece norma generale l'eccezione prevista sempre nel nostro testo: « Le ostie piccole non sono comunque affatto escluse, quando il numero dei comunicandi, o altre ragioni pastorali lo esigono » (n. 283).

Il vino, sempre per il suo simbolismo biblico (cf. Lc 22, 18) deve essere tratto dalla vite, naturale e genuino (n. 284). Per ragioni pratiche si è introdotto il vino bianco, anche se il colore rosso evoca più da vicino il sangue.

L'Istruzione esorta alla diligenza nella conservazione del pane e del vino (n. 285) e dà alcuni suggerimenti per la soluzione di qualche difficoltà in cui il sacerdote può venire a trovarsi.

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