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Alcune vesti nel loro significato |
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Come
tutti i segni liturgici anche le vesti radicano il loro significato nella natura
e nella cultura dell'uomo; ma questo significato viene ampliato e
spiritualizzato alla luce della Scrittura, e specialmente alla luce della morte
e risurrezione di Cristo. Un esempio per chiarire il pensiero. Il pane per
celebrare l'Eucaristia non serve per sfamarsi, secondo il suo scopo originario e
fondamentale, ma pur mantenendo il suo significato principale assume dimensioni
ben più ampie per esprimere un alimento spirituale che si identifica con la
Parola fatta carne.
Allo
stesso modo le vesti LITURGICHE non servono per riparare il corpo dal freddo, né
tanto meno per dare sfogo all'umana vanità. Diventano piuttosto segno dì una
realtà interiore, di una missione e di un servizio. Anche le vesti, come tutti
gli altri segni liturgici, hanno origini molto umane... Ora, non per semplice
curiosità, ma per un uso corretto, è assai utile andare alle origini di alcune
vesti liturgiche, almeno di quelle che appaiono maggiormente nelle nostre
normali assemblee e che forse suscitano nei nostri fedeli anche qualche
giustificato interrogativo.
Dal camice alla cotta
Questa
è la nuda descrizione della norma; non deve tuttavia sfuggire che la tunica
bianca, o camice, è «la veste sacra comune a tutti i ministri di qualsiasi
grado». E' infatti la prima veste che è entrata nell'uso liturgico. E non
poteva essere diversamente in quanto il camice deriva direttamente dalla tunica,
cioè dall'abito inferiore comune a tutti gli uomini nell'antico Impero romano.
Era
generalmente di filo bianco o comunque di colore chiaro, ornata sovente da due
semplici galloni purpurei che scendevano paralleli sul davanti e sul dorso. In
casa si lasciava sciolta; in pubblico veniva stretta alla vita con una cintura
in modo che restasse un po' sollevata sul davanti per non ostacolare il passo.
Tralasciamo altri interventi particolari che ci porterebbero assai lontani dal
nostro scopo. Basti ricordare che questo indumento inferiore, indossato
ovviamente subito dopo l'immersione battesimale, assume già verso la fine del V
secolo un significato altamente simbolico, come appare ancora oggi nel rito
battesimale. E' questo pertanto l'indumento familiare che, anche quando la moda
cambiò, il ministro sacro, per rispetto verso l'antica tradizione, continuò a
indossare, diventando così sempre più un segno distintivo e simbolico
all'interno del culto.
Per
questo nel tardo Medioevo (XI sec.), in un contesto molto sensibile
all'allegoria e alla rappresentazione, la tunica (chiamata anche alba proprio
per il suo colore bianco), cominciò ad essere sempre più ornata con ricami
figurativi. Dopo il XV secolo, con il diffondersi dell'industria del merletto,
il camice (dal latino medievale camisia, termine usato per indicare l'alba)
perde il suo aspetto originario e si trasforma in un prezioso indumento di
pizzo che ovviamente non ha più alcun richiamo battesimale. Con l'avvento e la
diffusione dell'abito talare come veste quotidiana dei ministri ordinati (XVI
sec.) si diffonde l'uso di quella "tunica" accorcia che è la cotta.
Le origini della cotta sono tuttavia da ricercarsi nei Paesi nordici, dove
chierici e monaci usavano una mantella di pelliccia per ripararsi dal freddo
durante le celebrazioni. Da qui il termine di superpelliceo che troviamo nei
vecchi testi prima del Concilio per indicare appunto questa veste. Questo spiega
perché l'uso della cotta sia stato assai ridotto dalla recente riforma
liturgica che comunque favorisce sempre l'uso del camice.
La
stola
Tanto
per cominciare questa insegna riservata al ministri ordinati è chiamata stola
verso la fine del VII secolo. Prima si chiamava orarium (dal latino osoris=bocca).
In origine si trattava infatti di un panno fine che le persone di un certo rango
portavano al collo come una sciarpa per tergersi la bocca e asciugarsi il volto
dal sudore; oggetto particolarmente utile per gli oratori. Si può facilmente
indovinare per quali motivi pratici sia entrato nell'uso liturgico. Comunque sia
assunse ben presto un significato diverso da quello originale, soprattutto a
causa del suo nome interpretato in relazione alla preghiera e alla predicazione
(orare = pregare, predicare).
Questo
spiega perché la stola diventa l'insegna riservata ai ministri ordinati e
quindi qualificati per la predicazione. Il diverso modo di portare la stola da
parte dei diaconi sembra essere stato determinato dalla più antica prassi
comune di portare generalmente questo sudarium sulla spalla sinistra.
In
Oriente tale oggetto venne ben presto interpretato per i diaconi come segno del
loro servizio. Così infatti un antico testo di S. Isidoro da Pelusio (+440)
dice che la stola «con la quale i diaconi fanno il loro servizio nei sacri
ministeri, rammenta l'umiltà del Signore quando lavò e asciugò i piedi dei
suoi discepoli». Al dl là delle sue origini non sempre lineari, è un fatto
che la stola è diventata l'insegna qualificante dei ministri ordinati al punto
che le norme per la celebrazione eucaristica recitano così: «La stola è
sempre necessaria sia per il sacerdote che per il diacono» (PNMR 81). Ed è
quindi con questo significato che oggi dobbiamo guardare a tale insegna.
La
casula
Casula
infatti significa "piccola casa"! Il termine pianeta invece, invalso
nell'area linguistica italiana, sì richiama alla sua forma circolare dal verbo
greco planàsthai, che significa appunto girare. Non per niente i pianeti che
girano attorno al sole si chiamano cosi! Orbene, questo mantello, per la maggior
comodità di azione, già nel II secolo sostituisce la toga romana e diventa così
segno distintivo dei senatori. Ed è come distintivo delle persone di rango che
viene usato e poi conservato dai preti nello svolgimento del loro compito
liturgico. Così nel secolo VIII questo abito antico, evolutosi nell'uso del
popolo, lo troviamo invece conservato e consegnato ritualmente nell'ordinazione
dei presbiteri.
Al
fine di rendere sempre più agevole il movimento delle braccia, la casula tende
ad essere ristretta e mutilata sui fianchi fino a raggiungere nel secolo XVI
quella forma tipica ed esteticamente infelice, che copre davanti e dietro senza
alcun richiamo simbolico. Queste due superfici cadenti davanti e dietro
divennero nell'epoca barocca spazi per preziosi ricami, veri capolavori che
ancora oggi suscitano stupore nei musei diocesani.
Nel
culto oggi è ritornata invece la casula che nella sua semplicità avvolge e
ricopre la persona del prete quasi a ricordare quell'investitura ricevuta
nell'ordinazione e che nelle più importanti celebrazioni liturgiche lo fa quasi
scomparire come individuo ben identificato per evidenziare che egli agisce nel
nome e nella persona di Cristo e della sua Chiesa.