Ringrazio vivamente il Cardinal Vicario per gli auguri,
che mi ha rivolto a nome di tutti i presenti. So di quanto fedele e
valido aiuto egli sia stato al mio indimenticabile Predecessore: spero
che voglia continuare la stessa collaborazione per me. Saluto
affettuosamente Monsignor Vicegerente, i Vescovi Ausiliari, gli
Ufficiali dei vari Centri e Uffici del Vicariato, poi tutti i singoli
sacerdoti in cura d'anime nell'ambito della Diocesi e del suo Distretto:
i parroci in primo luogo, i loro Cooperatori, i Religiosi e, attraverso
essi, le Famiglie cristiane e i Fedeli.
Secondo il Vangelo
Forse avrete notato che, già parlando ai Cardinali
nella Cappella Sistina, ho accennato alla «grande disciplina della
Chiesa» da «conservare nella vita dei sacerdoti e dei fedeli». Su questo
argomento parlò spesso il mio venerato Predecessore; su di esso mi
permetto di intrattenermi con voi brevissimamente in questo primo
incontro con confidenza di fratello.
C'è la disciplina «piccola», che si limita
all'osservanza puramente esterna e formale di norme giuridiche. Io
vorrei, invece, parlare della disciplina «grande». Questa esiste
soltanto, se l'osservanza esterna è frutto di convinzioni profonde e
proiezione libera e gioiosa di una vita vissuta intimamente con Dio. Si
tratta - scrive l'abate Chautard - dell'attività di un'anima, che
reagisce continuamente per dominare le sue cattive inclinazioni e per
acquistare un po' alla volta l'abitudine di giudicare e comportarsi in
tutte le circostanze della vita secondo le massime del Vangelo e gli
esempi di Gesù. «Dominare le inclinazioni» è disciplina. La frase «un
po' alla volta» indica disciplina, che richiede sforzo continuato,
lungo, non facile. Perfino gli angeli visti in sogno da Giacobbe non
volavano, ma facevano uno scalino per volta; figuriamoci noi, che siamo
poveri uomini privi di ali.
La «grande» disciplina richiede un clima adatto. E,
prima di tutto, il raccoglimento. Mi è toccato, una volta, di vedere
alla stazione di Milano un facchino, che, appoggiata la testa ad un
sacco di carbone addossato a un pilastro, dormiva beatamente... I treni
partivano fischiando e arrivavano cigolando con le ruote; gli
altoparlanti davano continui avvisi frastornanti; la gente andava e
veniva con brusio e rumore, ma lui - continuando a dormire - pareva
dicesse: «Fate quel che vi pare, ma io ho bisogno di star quieto».
Qualcosa di simile dovremmo fare noi sacerdoti: attorno a noi c'è
continuo movimento e parlare di persone, di giornali, di radio e
televisione. Con misura e disciplina sacerdotale dobbiamo dire: « Oltre
certi limiti, per me, che sono sacerdote del Signore, voi non esistete;
io devo prendermi un po' di silenzio per la mia anima; mi stacco da voi
per unirmi al mio Dio».
E sentire il loro sacerdote abitualmente unito a Dio
è, oggi, il desiderio di molti buoni fedeli. Essi ragionano come
l'avvocato di Lione, reduce da una visita al Curato d'Ars. «Cosa avete
visto ad Ars?» gli fu chiesto. Risposta: «Ho visto Dio in un uomo».
Analoghi i ragionamenti di S. Gregorio Magno. Egli auspica che il
pastore d'anime dialoghi con Dio senza dimenticare gli uomini e dialoghi
con gli uomini senza dimenticare Dio. E continua: eviti il pastore la
tentazione di desiderare di essere amato dai fedeli anziché da Dio o di
essere troppo debole per timore di perdere l'affetto degli uomini; non
si esponga al rimprovero divino: «Guai a quelli, che applicano cuscini a
tutti i gomiti»(1). «Il pastore - conclude - deve bensì cercare di farsi
amare, ma allo scopo di farsi ascoltare, non di cercare quest'affetto
per utile proprio»(2).
I sacerdoti, in un certo grado, sono tutti guide e
pastori, ma hanno poi tutti la giusta idea di quello che comporta
veramente essere pastore di una Chiesa particolare, ossia Vescovo? Gesù,
pastore supremo, di sé, da una parte, ha detto: «Mi è stato dato ogni
potere in cielo e in terra»(3), dall'altra ha soggiunto: «Son venuto per
servire»(4) ed ha lavato i piedi ai suoi Apostoli. In lui andavano
dunque insieme potere e servizio. Qualcosa di simile va detto degli
Apostoli e dei Vescovi. «Praesumus - diceva Agostino - si prosumus»(5);
noi Vescovi presiediamo, se serviamo: è giusta la nostra presidenza se
si risolve in servizio o si svolge a scopo di servizio, con spirito e
stile di servizio. Questo servizio episcopale, però, verrebbe a mancare,
se il Vescovo non volesse esercitare i poteri ricevuti. Diceva ancora
Agostino: «il Vescovo, che non serve il pubblico (predicando, guidando),
è soltanto foeneus custos, uno spaventapasseri messo nei vigneti, perché
gli uccelli non becchino le uve»(6). Per questo è scritto nella «Lumen
Gentium»: «I Vescovi governano... con il consiglio, la persuasione,
l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà»(7).
Il servizio pastorale
Altra componente della disciplina sacerdotale è
l'amore del proprio posto. Lo so: non è facile amare il posto e
rimanervici quando le cose non vanno bene, quando si ha l'impressione di
non essere compresi o incoraggiati, quando inevitabili confronti con il
posto dato ad altri ci spingerebbero a farci mesti e scoraggiati. Ma non
lavoriamo per il Signore? L'ascetica insegna: guarda non a chi
obbedisci, ma per Chi obbedisci. Soccorre poi la riflessione. Io sono
Vescovo da vent'anni: parecchie volte ho sofferto per non poter premiare
qualcuno, che veramente meritava; ma, o mancava il posto premio o non
sapevo come sostituire la persona o sopravvenivano circostanze avverse.
D'altra parte, ha scritto S. Francesco di Sales: «Non c'è nessuna
vocazione che non abbia le sue noie, le sue amarezze, i suoi disgusti. A
parte quelli che sono pienamente rassegnati alla volontà di Dio, ognuno
vorrebbe cambiare la propria condizione con quella degli altri. Quelli
che sono Vescovi non vorrebbero esserlo; quelli che sono sposati
vorrebbero non esserlo e quelli che non lo sono vorrebbero esserlo. Da
dove viene questa generale inquietudine degli spiriti, se non da una
certa allergia che noi abbiamo alla costrizione e da uno spirito non
buono, il quale ci fa supporre che gli altri stiano meglio di noi?»(8).
Ho parlato dimesso e ve ne chiedo scusa. Posso
tuttavia assicurarvi che da quando sono diventato vostro Vescovo vi amo
molto. Ed è con il cuore pieno d'amore che vi impartisco la Benedizione
Apostolica.
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(1) Ez. 13, 8.
(2) Cfr. S.
GREGORII MAGNI Regula Pastoralis, 1. II, c. VIII.
(3) Matth.
28, 19.
(4) Cfr.
Ibid. 20, 28.
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(5) Miscellanea
Augustiniana, Romae 1930, t. I, p. 563.
(6) Ibid., p.
568.
(7) Lumen
Gentium, 27.
(8) FRANCESCO
DI SALES, OEuvres, éd. Annecy, t. XII, pp. 348-349.
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