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		Era un principe ricco e potente e il suo popolo era buono e fedele. 
		Eppure il principe non era felice. Aveva un carattere impetuoso e 
		impaziente: era sempre in collera e spesso anche crudele. 
		Un anno, dichiarò guerra a un paese vicino: a un suo comando le truppe 
		si gettarono nella battaglia, sguainando le sciabole. Combatterono 
		coraggiosamente e ottennero una grande vittoria, ma nemmeno così 
		riuscirono a soddisfare il loro principe, che continuava ad essere 
		infelice. 
		Allora dichiarò un'altra guerra. Fu un'altra grande vittoria. E poi 
		un'altra e un'altra ancora. Ma continuava ad essere triste ed anche il 
		popolo lo era. 
		«Cos'avete?», tuonava cavalcando per le strade sul suo magnifico 
		cavallo da guerra. «Perché questa tristezza?». 
		I sudditi si inchinavano rispettosamente, ma nessuno aveva il coraggio 
		di dirgli la verità: erano così stanchi di guerra, anche se vincevano 
		sempre. Per questo non gli rispondevano. 
		Sul cader del giorno, mentre il principe cavalcava per la campagna, udì 
		un suono lieve, come di pioggerella su un terreno asciutto. Il principe 
		si fermò ad ascoltare. 
		Si guardò attorno e poi la vide: era una ragazzina che cantava mentre 
		lavorava nel suo giardinetto. Era così indaffarata a se-minare che non 
		si rese conto della presenza del grande principe dietro a lei. 
		Da principio egli si adirò per non essere stato notato: un principe 
		orgoglioso e potente come lui doveva forse umiliarsi per richiamare 
		l'attenzione della fanciulla? Ma c'era qualcosa nel suo canto che lo 
		indusse ad aspettare. Dopo un po' tossicchiò e stropicciò i piedi per 
		farsi sentire. La ragazzina si voltò lentamente e vide il principe 
		nella sua sontuosa veste di seta. Anche il principe la guardò, e 
		incontrando il suo sguardo chiaro e dolce, tutta la rabbia che provava 
		verso il suo popolo silenzioso si sciolse. 
		La ragazza si alzò in piedi e con un inchino offrì al principe un 
		cestino di semi. Sul momento egli si sentì offeso dal fatto che uno dei 
		suoi sudditi osasse offrirgli un dono così umile, ma poi accettò il 
		cestino. Non disse «Grazie» e nemmeno sorrise, ma semplicemente si 
		allontanò. 
		Il potente principe era sconcertato, mentre cavalcava lentamente verso 
		il palazzo e quella notte dormì con il cestino di semi vicino al 
		cuscino. 
		Il mattino seguente si svegliò con una sensazione di forza e di energia 
		come quando era pronto a combattere. Ma non c'era nessuna guerra; non 
		quel giorno. Il principe aveva altri piani. 
		«Seminare non è lavoro da principi», mormorò mentre prende-va in mano il 
		cestino di semi. «Ma è sempre meglio che combattere contro della gente 
		inerme». 
		Il popolo rimase stupefatto alla vista del principe che lavorava nei 
		giardini del palazzo. E giorno dopo giorno, settimana dopo settimana e 
		mese dopo mese egli continuò a coltivare le sue piante, senza curarsi 
		del caldo o del gelo. 
		Poi, un mattino, arrivò all'improvviso la primavera. Il giardino 
		traboccava di fiori e di profumi; le api ronzavano e gli uccellini 
		cinguettavano, la gente per la strada sorrideva al sole. Ma dov'era il 
		principe? Aveva lavorato tanto per creare quel giardino, perché dunque 
		non veniva a goderselo insieme alla sua gente? 
		Il principe si era appartato, stringendo in mano un ramoscello in fiore. 
		Mentre lo guardava, grosse lacrime gli rigavano il volto, perché non 
		riusciva a capire come mai la primavera rendesse sempre tutti così 
		felici. Tutti meno lui. 
		Non lo aveva mai capito, ma quest'anno era diverso: aveva lavo-rato sodo 
		per creare un bel giardino e voleva proprio conoscere il se-greto di 
		quella felicità. 
		Poi, come in un sussurro, gli sembrò di udire la voce soave della 
		ragazzina. Lo esortava a guardare, a guardare con il cuore i fiori e 
		l'erba, gli uccelli e il cielo, gli insetti affaccendati e la gente 
		ridente. E tutt'a un tratto il principe li vide come non li aveva mai 
		visti prima. Una gioia immensa gli colmò il cuore e vide i colori 
		brillare al sole e sentì il profumo inebriante dei fiori. Per la prima 
		volta si sentì veramente felice e si accorse di amare il suo popolo. 
		  
		«O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la 
		terra» (Salmo 8). |