Le reclute andavano a correre tutti i giorni, ma questa volta era
diverso. Stavano sudando da prima dell'alba, da quando erano ruzzolati
fuori della branda. Facevano il corso di addestramento per i corpi
speciali antiterrorismo dell'esercito e quindi erano pronti alla fatica,
anche all'esaurimento fisico. Ma questo tipo di allenamento non aveva
niente a che fare con la corsa a tempo, ritmata dal canto, che facevano
di solito al mattino in maglietta.
Stavolta correvano in tenuta da combattimento. Come al solito, la
consegna era: «Partite insieme, state tutti insieme, lavorate come una
squadra e tornate insieme. Se non riuscite a tornare insieme, non
tornate affatto!».
Lungo la strada, il dolore, la sete e la fatica cominciarono ad
annebbiare il cervello e nella formazione che correva inquadrata si
notò qualcosa di strano.
Nella quinta fila, al centro del plotone, uno dei ragazzi non andava a
tempo: le gambe si muovevano, ma non andava al passo con il resto del
gruppo. Era Sandri, un ragazzone allampanato dai capelli rossi. La
testa cominciò a ciondolargli di qua e di là. Quel ragazzo era in
difficoltà: stava per cedere.
Senza perdere il passo, la recluta alla destra di Sandri si sporse e gli
prese il pesante fucile. Il ragazzone dai capelli rossi per un po'
riuscì a riprendersi, ma poco dopo, mentre il plotone continuava la sua
marcia, aveva gli occhi appannati e si trascinava dietro le gambe a
fatica. Ben presto anche la testa ricominciò a dondolare.
Questa volta si sporse la recluta alla sua sinistra, gli prese
l'elmetto e, continuando a correre, se lo mise sotto il braccio. Ora
poteva ripartire.
Gli scarponi battevano pesantemente all'unisono il sentiero polveroso.
Tump, tump, tump, tump.
Sandri stava male, molto male: vacillava e stava per cadere, ma restò in
piedi. Due soldati dietro di lui gli presero lo zaino e ciascuno di
loro ne teneva una cinghia con la mano libera. Sandri fece appello alle
poche forze rimaste, raddrizzò le spalle, e il plotone continuò a
correre fino al traguardo.
«Meglio essere in due che da solo.
Lavorare insieme rende di più.
Se uno cade, il compagno può aiutarlo.
Ma se uno è solo e cade,
nessuno lo aiuta a rialzarsi.
Se fa freddo, in due si può dormire
insieme e star caldi,
ma uno da solo come si scalderà?
Quando si è aggrediti
in due ci si può difendere.
Come dice il proverbio:
"Fune a tre capi, difficile a rompere"» (Qoelet 4,9-12). |