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				Un falco era stato catturato da un contadino e viveva legato per 
				una zampa nell'aia di un cascinale. 
				
				Non si era rassegnato a vivere come un qualunque pollo. Aveva 
				cominciato a dare strattoni su strattoni alla corda che lo 
				teneva avvinto ad un robusto trave del pollaio. Fissava il 
				cielo azzurro e partiva con tutte le sue forze. Inesorabile, la 
				corda lo tirava a terra. Provò e riprovò per settimane, finché 
				la pelle della zampa fu tutta lacerata e le belle ali rovinate. 
				
				Alla fine si era abituato. Dopo qualche mese trovava di suo 
				gradimento anche il mangime dei polli. Si accontentò di 
				razzolare. 
				
				Così non si accorse che le piogge autunnali e la neve 
				dell'inverno avevano fatto marcire la corda che lo legava a 
				terra. 
				
				Sarebbe bastato un ultimo modesto strattone e il falco sarebbe 
				tornato in libertà, padrone del cielo. 
				
				Ma non lo diede più. 
				
				Il nostro corpo fatica anche solo a salire una rampa di scale. 
				Ma la nostra anima ha le ali. E il cielo è nostro. 
				  
				
				Il massimo, oggi, è «accontentarsi». Lo zio Carlo mi ha 
				detto: «Nella lettera a Babbo Natale hai scritto che desideri 
				la pace nel mondo, ma perché non ti accontenti di una mountain 
				bike?» (Ludovico, 7 anni).  |