| 
				 
				Sui muri e sul giornale della città comparve uno strano annuncio 
				funebre: «Con profondo dolore annunciamo la morte della 
				parrocchia di Santa Eufrosia. I funerali avranno luogo domenica 
				alle ore 11». 
				
				La domenica, naturalmente, la chiesa di Santa Eufrosia era 
				affollata come non mai. Non c'era più un solo posto libero, 
				neanche in piedi. Davanti all'altare c'era il catafalco con una 
				bara di legno scuro. Il parroco pronunciò un semplice discorso: 
				«Non credo che la nostra parrocchia possa rianimarsi e 
				risorgere, ma dal momento che siamo quasi tutti qui voglio fare 
				un estremo tentativo. Vorrei che passaste tutti quanti davanti 
				alla bara, a dare un'ultima occhiata alla defunta. Sfilerete in 
				fila indiana, uno alla volta e dopo aver guardato il cadavere 
				uscirete dalla porta della sacrestia. Dopo, chi vorrà potrà 
				rientrare dal portone per la Messa». 
				
				Il parroco aprì la cassa. Tutti si chiedevano: «Chi ci sarà mai 
				dentro? Chi è veramente il morto?». 
				
				Cominciarono a sfilare lentamente. Ognuno si affacciava alla 
				bara e guardava dentro, poi usciva dalla chiesa. Uscivano 
				silenziosi, un po' confusi. 
				
				Perché tutti coloro che volevano vedere il cadavere della 
				parrocchia di Santa Eufrosia e guardavano nella bara, vedevano, 
				in uno specchio appoggiato sul fondo della cassa, il proprio 
				volto. 
				  
				
				«Anche voi, come pietre vive, formate il tempio dello Spirito 
				Santo, siete sacerdoti consacrati a Dio e offrite sacrifici 
				spirituali che Dio accoglie volentieri, per mezzo di Gesù 
				Cristo» (1 Pietro 2,5).  
				
				Se c'è polvere nelle sale della tua parrocchia, c'è polvere 
				sulla tua anima.  |