domenica  28 dicembre 2014
 

IL SEGNALE

 

Un giovane era seduto da solo nell'autobus; teneva lo sguardo fisso fuori del finestrino. Aveva poco più di vent'anni ed era di bel­l'aspetto, con un viso dai lineamenti delicati.

Una donna si sedette accanto a lui. Dopo avere scambiato qual­che chiacchiera a proposito del tempo, caldo e primaverile, il giova­ne disse, inaspettatamente: «Sono stato in prigione per due anni. Sono uscito questa mattina e sto tornando a casa».

Le parole gli uscivano come un fiume in piena mentre le rac­contava di come fosse cresciuto in una famiglia povera ma onesta e di come la sua attività criminale avesse procurato ai suoi cari ver­gogna e dolore. In quei due anni non aveva più avuto notizie di lo­ro. Sapeva che i genitori erano troppo poveri per affrontare il viag­gio fino al carcere dov'era detenuto e che si sentivano troppo igno­ranti per scrivergli. Da parte sua, aveva smesso di spedire lettere per­ché non riceveva risposta.

Tre settimane prima di essere rimesso in libertà, aveva fatto un ultimo, disperato tentativo di mettersi in contatto con il padre e la madre. Aveva chiesto scusa per averli delusi, implorandone il per­dono.

Dopo essere stato rilasciato, era salito su quell'autobus che lo avrebbe riportato nella sua città e che passava proprio davanti al giardino della casa dove era cresciuto e dove i suoi genitori conti­nuavano ad abitare.

Nella sua lettera aveva scritto che avrebbe compreso le loro ra­gioni. Per rendere le cose più semplici, aveva chiesto loro di dargli un segnale che potesse essere visto dall'autobus. Se lo avevano per­donato e lo volevano accogliere di nuovo in casa, avrebbero legato un nastro bianco al vecchio melo in giardino. Se il segnale non ci fosse stato, lui sarebbe rimasto sull'autobus e avrebbe lasciato la cit­tà, uscendo per sempre dalla loro vita.

Mentre l'automezzo si avvicinava alla sua via, il giovane di­ventava sempre più nervoso, al punto di aver paura a guardare fuo­ri del finestrino, perché era sicuro che non ci sarebbe stato nessun fiocco.

Dopo aver ascoltato la sua storia, la donna si limitò a chiedergli: «Cambia posto con me. Guarderò io fuori del finestrino».

L'autobus procedette ancora per qualche isolato e a un certo punto la donna vide l'albero.

Toccò con gentilezza la spalla del giovane e, trattenendo le la­crime, mormorò: «Guarda! Guarda! Hanno coperto tutto l'albero di nastri bianchi».

 

Siamo più simili a bestie quando uccidiamo.

Siamo più simili a uomini quando giudichiamo.

Siamo più simili a Dio quando perdoniamo. 

 
 
 

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