domenica 29 marzo 2015 | |
E Dio CREÒ IL PADRE |
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Quando il buon Dio decise di creare il padre, cominciò con una struttura piuttosto alta e robusta. Allora un angelo che era lì vicino gli chiese: «Ma che razza di padre è questo? Se i bambini li farai alti come un soldo di cacio, perché hai fatto il padre così grande? Non potrà giocare con le biglie senza mettersi in ginocchio, rimboccare le coperte al suo bambino senza chinarsi e nemmeno baciarlo senza quasi piegarsi in due!». Dio sorrise e rispose: «È vero, ma se lo faccio piccolo come un bambino, i bambini non avranno nessuno su cui alzare lo sguardo». Quando poi fece le mani del padre, Dio le modellò abbastanza grandi e muscolose. L'angelo scosse la testa e disse: «Ma... mani così grandi non possono aprire e chiudere spille da balia, abbottonare e sbottonare bottoncini e nemmeno legare treccine o togliere una scheggia da un dito». Dio sorrise e disse: «Lo so, ma sono abbastanza grandi per contenere tutto quello che c'è nelle tasche di un bambino e abbastanza piccole per poter stringere nel palmo il suo visetto». Dio stava creando i due più grossi piedi che si fossero mai visti, quando l'angelo sbottò: «Non è giusto. Credi davvero che queste due barcacce riuscirebbero a saltar fuori dal letto la mattina presto quando il bebè piange? O a passare fra un nugolo di bambini che giocano, senza schiacciarne per lo meno due?». Dio sorrise e rispose: «Sta' tranquillo, andranno benissimo. Vedrai: serviranno a tenere in bilico un bambino che vuol giocare a cavalluccio o a scacciare i topi nella casa di campagna oppure a sfoggiare scarpe che non andrebbero bene a nessun altro». Dio lavorò tutta la notte, dando al padre poche parole ma una voce ferma e autorevole; occhi che vedevano tutto, eppure rimanevano calmi e tolleranti. Infine, dopo essere rimasto un po' sovrappensiero, aggiunse un ultimo tocco: le lacrime. Poi si volse all'angelo e domandò: «E adesso sei convinto che un padre possa amare quanto una madre?» (Erma Bombeck).
Degli studenti universitari ebbero come compito per il fine settimana un lungo e caloroso abbraccio al loro papà. «Non posso farlo» protestò uno, «mio padre morirebbe». «E poi» disse un altro, «mio padre sa che lo amo». «Allora è facile» replicò il professore. «Perché non lo fai?». Il lunedì seguente tutti parlavano, sorpresi, di come fosse stata soddisfacente l'esperienza. «Mio padre si è messo a piangere!» diceva uno. E un altro: «Strano. Mio padre mi ha ringraziato». Abbraccia, adesso, le persone che ami e di' loro: «Io ti voglio bene». |
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