domenica 24 dicembre 2017

 

IL DIAVOLETTO DISPETTOSO

 

C'era una volta un diavoletto vispo e malizioso che invidiava con tutte le sue forze e la sua cattiveria la felicità degli esseri umani. Si di­vertiva a tormentare soprattutto i bambini, seminando litigi e ba­ruffe nelle scuole.

C'era un periodo dell'anno che odiava in modo particolare: quello natalizio. Un periodo in cui sulla terra viaggiavano soprat­tutto gli angeli, la gente si sentiva più buona e i diavoli venivano mandati al diavolo!

Così, un anno, escogitò un piano che definire diabolico è il me­no che si possa dire. Espose il suo malvagio disegno al gran capo dei diavoli, Satanasso in persona, che gli batté una gran manata sulle spalle squamate sghignazzando: «Magnifico, ragazzo mio! Una vera diavoleria!».

Il piano del maligno diavoletto prevedeva un obiettivo: una fa­miglia felice scelta a caso. La prescelta fu la famiglia Marchi.

L'ignara famiglia Marchi si era preparata al Natale con la con­sueta cura e una certa eccitazione: sulla porta di casa troneggiava una ghirlanda verde e rossa, il calendario d'Avvento aveva tutte le fi­nestrelle aperte da cui occhieggiavano santi e sante, il presepio oc­cupava praticamente tutto l'ingresso con decine e decine di statuet­te, pecorelle, oche, galline, montagne di carta, laghetti di frammen­ti di specchio e una superba grotta sormontata da angioletti legati all'attaccapanni; nel salotto, l'albero di Natale faceva piovere le sue luci colorate tra palline rosse e blu e cioccolatini; i regali erano ac­curatamente ammucchiati in un angolo, mentre il profumo dei dol­ci e della pasta fatta in casa si diffondeva dalla cucina.

Una magnifica, grassa, serena vigilia di Natale, come tante altre.

Marta e Matteo, 7 e 10 anni, arrivarono dall'Oratorio, dove ave­vano provato i canti per la Messa solenne. Erano passati davanti al Supermercato e discutevano con le guance arrossate dal freddo e gli occhi luccicanti.

«Era veramente Babbo Natale!».

«No. Babbo Natale è più grasso e più vecchio!».

«Era lui! E mi ha detto che stanotte verrà da noi... dopo Gesù Bambino».

«Ma se aveva la barba finta!».

«Adesso basta, bambini!» li interruppe la mamma, che trafficava in cucina. «Questa è la notte di Natale. Andate a prendere la sta­tuetta di Gesù Bambino e mettetelo sulla mangiatoia. Senza abbat­tere cascate e ponti come l'anno scorso...».

Proprio in quel momento entrò in azione il perfido diavoletto. «Gesù Bambino non c'è più! È sparito!» gridarono i bambini. «Guardate vicino al presepio».

«Il presepio non c'è più!».

La mamma si sporse dalla cucina: «Non dite stup... Accidenti! È vero!».

L'ingresso era desolatamente vuoto. Mamma e bambini corsero in salotto: l'albero di Natale non c'era più. E neanche i regali.

In quel momento arrivò il papà. Aveva l'aria un po' stupita e to­gliendosi il cappotto disse: «Perché avete spento le luci colorate e tolto la ghirlanda dalla porta?».

Si guardarono tutti e quattro allibiti. Ma che cosa stava succe­dendo? Era sparito anche il calendario dell'Avvento e anche le lette­re a Gesù Bambino sul comò non c'erano più. Poi, in un attimo di panico, tutti e quattro si resero conto che un'altra cosa non c'era più: il profumo di cose buone.

Corsero in cucina: panettone farcito, spumante, arrosto, la pan­na, gli agnolotti... tutto sparito. Anche la tovaglia rossa con le stelli­ne d'oro, il centrotavola con le candele e i rametti di agrifoglio, il secchiello d'argento per lo spumante.

«Oh no!» esclamò Matteo «Anche il panettone!».

«Ma che razza di diavoleria...» sbottò il papà. Senza saperlo ave­va indovinato.

«Ormai tutti i negozi sono chiusi» disse la mamma sconsolata. «Forse è rimasto qualche uovo per la cena...».

«E poi andiamo a dormire.. o guardiamo la tv...» disse il papà, ancora scombussolato dalla sorpresa.

«Ma è Natale!» gridarono Marta e Matteo con le lacrime agli occhi. «Non abbiamo più la corona, il calendario, il presepio, l'albe­ro...» protestò veemente Marta.

«E neanche i regali!» aggiunse Matteo.

«E il panettone farcito, gli agnolotti e lo spumante...» brontolò il papà.

Anche la mamma aveva le lacrime agli occhi, ma tentò un lieve sorriso: «Però il Natale è un'altra cosa. C'è qualcosa che nessuno può portare via!».

«È vero, accidenti!» esclamò il papà. «Nessuno può rubare il no­stro vero Natale!».

Allargò le braccia e strinse a sé moglie e bambini.

«Sapete che facciamo? Andiamo fuori e festeggiamo alla luce del­le stelle. Copritevi bene e usciamo!».

Nel piccolo giardino arrivava solo la luce dei lampioni e delle fi­nestre delle case vicine. Come quattro naufraghi che si ritrovano salvi su un'isoletta, mamma, papà e bambini si abbracciarono stret­ti stretti.

«In fondo, quando Gesù è venuto non aveva neanche il piumino» disse il papà.

«Aveva l'asino e il bue» replicò Marta.

«Anche noi li abbiamo...» insinuò maliziosamente Matteo indi­cando la mamma e il papà. Scoppiarono a ridere, stringendosi an­cora di più.

«Volevo dire Maria e Giuseppe» si corresse ridendo Matteo. Era­no insieme e si amavano e forse era quello il Natale.

In quel momento, una stella si dilatò e rivelò un lunga coda lu­minosa, come una scia di luce che lasciò cadere sulla famigliola una pioggia di stille luminose. Fu un attimo, ma la videro nettamente. Improvvisamente furono inondati dalla gioia del vero Natale e si sentirono felici come non mai.

Dietro un cassonetto della spazzatura, il diavoletto dispettoso per la rabbia si rosicchiò gli unghioni fino a farli scomparire per sempre.

 

Contano le persone, non le cose.

 
 
 

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