domenica 14 luglio 2019

IL GIARDINO

«Una Principessa sta per venire qui», disse il Leone agli animali della giungla riuniti in assemblea, «come possiamo dimostrarle che siamo molto felici di averla con noi?».

Un brontolio imbarazzato serpeggiò tra gli animali. Qualcuno muggì, qualche altro squittì, il grillo fece un cri-cri pensieroso.

«Potremmo farle dei profondi inchini», suggerì l'Ippopotamo, «ma è vero che non tutti abbiamo il fisico adatto».

«Potremmo tutti gridare forte Benvenuta», soggiunse l'elefante, «ma forse si spaventerebbe». «Potremmo danzare», propose la Gi­raffa, ma il Leone guardò l'Ippopotamo, scosse la testa e tutti gli ani­mali sospirarono. Allora l'Uccellino Marrone cinguettò timida­mente: «Non potremmo fare un giardino? Le Principesse adorano i fiori». Tutti lo fissarono ammirati.

«Lo faremo insieme»

«Questa sì, che è un'idea felice», disse il Leone, «lo faremo insieme». Venne scelto con cura un luogo molto bello, ma il Leone osservò che andava dissodato.

«Ci penso io», gridò l'Ippopotamo. «Pesterò la terra coi miei pie­doni e con il mio grosso e pesante corpo finché non diverrà fine e leggera».

«Benissimo», approvò il Leone. «Ora dobbiamo fare dei buchi per piantare i semi».

«Lo faccio io con gli aculei della mia schiena», si offrì il Porco­spino. Si appallottolò tutto e cominciò a rotolare su e giù per il cam­po, finché fu pieno di buchetti regolari.

«Benissimo», disse il Leone. «Ora pianteremo i semi!».

«T-tocca a me», disse la Cavalletta, «s-sono veloce e leggera». Sorvolò saltellando il terreno e in un batter d'occhio piantò tutti i semi.

«Benissimo», disse il Leone. «Ora bisogna innaffiare il giardino».

«Lasciate fare a me», esclamò l'Elefante. «Userò la proboscide». Andò al fiume, riempì bene la proboscide e spruzzò un bel po' d'ac­qua sul giardino.

«Benissimo», disse il Leone. «E ora come faremo a impedire alla Scimmia di rovinarci tutto il giardino?».

«Sarà mio compito, farò io la guardia», propose la Giraffa allun­gando il collo.

E l'Uccellino Marrone? Avrebbe voluto essere di aiuto, ma pare­va che nessuno avesse bisogno di lui.

Dopo un po' i semi cominciarono a crescere, ma il Leone, che si era recato a controllare i progressi del giardino, scosse la testa: «Quante erbacce! Rovineranno tutto! Chi è capace di estirparle?». Gli animali rimasero tutti zitti.

L'Ippopotamo si giustificò: «I miei piedi sono troppo grossi, ro­vinerei tutto».

«I miei aculei danneggerebbero le foglie», si scusò il Porcospino. «Le erbacce sono troppo pesanti per me», disse la Cavalletta. «La mia proboscide spezzerebbe gli steli», affermò l'Elefante. «Ho il collo troppo lungo e non posso chinarmi tanto», si lagnò

la Giraffa.

«Cri-cri», fece il grillo e se la squagliò.

Tutti quei pignoni si girarono e se ne andarono. Allora l'Uccelli­no Marrone volò nel giardino. Con il suo minuscolo becco sradicò un'erbaccia e la gettò dietro una siepe. Le radici erano forti e spes­so il becco gli doleva e dopo un po' anche le ali gli pesavano. Ma con pazienza, un giorno dopo l'altro, l'Uccellino Marrone ripulì il giardino finché non rimase una sola erbaccia.

Intanto una miriade di fiori rossi, azzurri e gialli mostrava gra­ziosamente la corolla sui lunghi e sottili steli.

Il giorno dopo, la Giraffa, che era di guardia, annunciò: «Arriva la Principessa! La vedo!». Gli animali si riunirono tutti nel giardino e si meravigliarono di trovarlo così in ordine. «Forse le erbacce si sono seccate», disse il Leone, mentre l'Uccellino Marrone appol‑

laiato su un albero taceva.

La Principessa sorrise: «Non ho mai visto un giardino così bello», disse, «dovete aver lavorato sodo!».

«È vero, abbiamo lavorato sodo!», risposero in coro gli animali pieni di sé sorridendo.

«Chi di voi è così gentile da cogliere qualche bel fiore per me?», chiese la Principessa.

Il Leone si fece avanti.

«Io ho dato tutte le istruzioni, perciò tocca a me».

«Però io ho arato la terra», protestò l'Ippopotamo.

«E io ho fatto i buchi per i semi», aggiunse il Porcospino.

«E io ho piantato i semi», fece la Cavalletta.

«Io ho innaffiato», disse l'Elefante.

«Mentre io facevo la guardia», sottolineò la Giraffa.

La Principessa sorrise. «Chi ha tolto le erbacce?», chiese.

Tutti rimasero zitti, poi: «Nessuno», disse il Leone.

In quel momento la Principessa scorse due occhietti brillanti e un sottile becco che faceva capolino tra le foglie di un albero.

«L'hai fatto tu questo lavoro, Uccellino Marrone?», e l'uccellino annuì.

«Allora tu coglierai i fiori per me, perché il tuo è stato il lavoro più duro e più lungo».

L'Uccellino Marrone volò giù verso il giardino; poi con il becco sottile colse con garbo il più bel fiore e l'offrì alla Principessa.

Ne colse un altro e un altro ancora fino a mettere insieme un bel mazzolino variegato.

La Principessa baciò la sua testolina marrone e gli sorrise.

Allora l'Uccellino Marrone cantò come non aveva mai fatto prima finché il sole non tramontò nel bel giardino degli animali.

 

Chi portava il fieno al cavallo di Giulio Cesare? Chi lava i calzini dei Premi Nobel?

 

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