domenica 20 gennaio 2019

ALLA RICERCA DELL'AMORE PERDUTO DI MAMMA E PAPÀ

Mamma e papà di Paola non si amavano più. Paola buona e mi­te, capiva tutto. Papà e mamma erano pieni d'ira e si voltavano la schiena. Papà, una volta, aveva rotto un bicchiere dando un pugno sulla tavola e mamma aveva schiaffeggiato Paola, perché non osava ancora schiaffeggiare papà.

Paola andava dall'uno all'altra, e diceva delle parole piacevoli per farli ridere, raccontava tutte le cose buffe che le erano capitate e quello che era successo a scuola, tentava di riconciliarli.

Un giorno, che la cosa sembrava particolarmente grave, Paola aveva addirittura finto di essersi avvelenata con la benzina per smac­chiare. Voleva che i genitori facessero la pace al suo capezzale.

Tre mesi dopo, tutto era ricominciato. Paola continuava il suo lavoro di formica. E non disperava.di notte, nel suo lettino, strin­geva forte forte al cuore il suo tigrotto di stoffa, che si chiama Titì, e che era spelacchiato e malconcio per i tanti abbracci, baci, Nutella e lacrime che in nove anni Paola gli aveva rovesciato addosso.

Dalla camera di papà e mamma filtravano spesso strilli e impre­cazioni soffocate, e il rumore degli attaccapanni sbattuti di mala­grazia. Paola si premeva forte le mani sulle orecchie e pregava: «Si­gnore, per piacere, falli smettere!».

Quando arrivava un estraneo e osservava gli occhi gonfi di mam­ma, e papà afono per aver troppo gridato, Paola preveniva le critiche e diceva: «Vedi, è colpa delle cipolle». Oppure: «Non conosce una medicina per papà? Ha il mal di gola e non può più parlare».

Una notte, Paola fu svegliata dalla solita baruffa. Dormiva ab­bracciata a Titì e sentì chiaramente: «Basta! Non possiamo conti­nuare così!», diceva mamma.

«Sei tu che vuoi sempre avere ragione!» ribatté papà. «Che cosa suggerisci, sapientona?».

«Ci... dividiamo. Ognuno per conto suo e... non se ne parli più!». La casa si riempì di silenzio.

Ma qualcuno con un buon udito avrebbe potuto sentire il pic­colo cuore di Paola che batteva all'impazzata: «Tum... tum... tum...», mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. «Non voglio! Non vo­glio!». Mormorava piano piano.

«E allora parti!», disse una voce. Paola trattenne il fiato per la sorpresa.

«Chi ha parlato? Chi c'è qui?», domandò un tantino inquieta. «Sono io. Titì», riprese fiera la vocina.

Paola accese la luce del comodino ed esaminò il tigrotto di stoffa. «Tu, parli?».

Gli occhi di vetro di Titì brillarono come fossero veri. «Quando ci vuole, ci vuole», bofonchiò. «Chi ama tanto, può far parlare anche le pietre, se è solo per questo. Ora ascoltami bene: posso parlare so­lo una volta nella vita, anche se la vita di un animale di stoffa è piut­tosto lunga e non mi posso lamentare. E certo che la vita con te è piuttosto... umida».

«Scusami», sussurrò Paola.

«Non c'è di che. Quando avevi tre mesi mi inondavi con ben al­tro... Ecco quello che devi fare: vai a riprendere l'amore perduto di mamma e papà».

«Dove?».

«C'è un posto dove si trovano tutti gli amori perduti.

Non perdere tempo; bisogna riportarli finché sono ancora vivi, caldi e luminosi; altrimenti non c'è niente da fare... Puoi andare sol­tanto tu. Prenditi lo zainetto: l'amore di un papà e una mamma è pesante».

«Ma non conosco la strada». Protestò Paola mentre si vestiva e indossava il fedele zainetto scolastico.

«La troverai. Parti diritto avanti a te». «Ma c'è il muro!».

«Fidati di me. Tira diritto!».

Paola chiuse gli occhi e... passò attraverso il muro.

Si trovò in un giardino intersecato da molti sentieri. Ne imboc­cò uno. Dopo un po', scorse su una panchina qualcosa che brillava. Si avvicinò e vide che era un pezzettino dell'amore di mamma e papà. Naturalmente lo riconobbe subito, perché i figli sono fatti con l'amore di mamma e papà. Poco più in là, vicino a una grande quercia, vide un altro pezzettino, appena uno spolverio, dell'amo­re di mamma e papà. Si avvicinò e vide che, in un angolino del tronco rugoso, erano incise alcune parole: «Riccardo e Ornella, per sempre».

«Sono mamma e papà», mormorò Paola. Raccolse la polvere luc­cicante e la infilò nello zainetto con il pezzetto che aveva già trova­to. «Di questo passo, ci metterò un sacco di tempo» si disse.

Proprio in quel momento alzò gli occhi e vide il cartello indica­tore: «Deposito amori perduti. Di qua».

«Grazie», sussurrò e cominciò a camminare. Il paesaggio co­minciò a cambiare e prese a soffiare un vento gelido e tagliente. Pao­la si strinse rabbrividendo dentro il «pile». Solo la polvere d'amore che aveva trovato mandava un lieve tepore. La pista ghiaiosa finiva stroncata in una palude triste e minacciosa. Un cartello festonato di ragnatele polverose indicava: «Palude del Mio-mio».

«Sempre diritto!», fece Paola ad alta voce. Strinse i pugni e si in­camminò nel fango.

Ogni passo le costò fatica e lacrime. Il fango della palude era vi­schioso e cercava di trattenerla. Ma Paola arrivò dall'altra parte. La strada riprendeva con una ripida salita e dopo alcuni tornanti si in­terrompeva bruscamente. Paola era stanca e quando scorse che co­sa l'attendeva, si accasciò avvilita. «Oh, no!».

Quello che aveva davanti era il peggiore dei precipizi che avesse mai visto. E per di più lei pativa le vertigini. Incastrato sull'orlo del di­rupo faceva capolino il solito cartello scheggiato: «Salto della fidu­cia». La parola «salto» non diceva niente di buono a Paola, ma la pro­spettiva di tornare ad affrontare la palude era altrettanto tremenda.

Si affacciò sul ciglio del precipizio, chiuse gli occhi, strinse i pu­gni e saltò.

Atterrò sul soffice. Si trovò su uno strato di rose enormi, profu­mate, colorate, morbide come seta. Si rialzò e ricominciò a cammi­nare con decisione. Troppa decisione. Le sue gambe affondarono e le spine, spine enormi come le rose, la ferirono.

«Ahi!», gridò Paola.

Un'ape che ronzava come un elicottero con il suo canestrino per raccogliere nettare, la rimbrottò severamente: «Devi essere delicata, se vuoi camminare sulle rose. Non lo sai?».

«Grazie, signora ape. È che sto cercando l'amore perduto di mamma e papà».

«Sei quasi arrivata. Vai sempre diritto. E mi raccomando... Deli­catezza e rispetto!».

Paola riprese a camminare, facendo molta attenzione a dove pog­giava i piedi. Il sentiero di rose si fece sempre più solido e sicuro.

Finalmente, dopo una collinetta color tramonto, Paola arrivò a una strana costruzione. Il cartello non lasciava dubbi: «Deposito de­gli amori perduti. Fare lo scontrino alla cassa».

La gioia di Paola si velò di preoccupazione. Aveva esattamente un euro e cinquanta centesimi in una tasca dello zainetto. Quanto poteva costare lo scontrino per ritirare un amore perduto?

C'erano altre persone che facevano la coda davanti a un burbe­ro cassiere, che teneva in mano una bilancia a due piatti: su uno po­neva l'amore perduto richiesto, sull'altro il prezzo che il richieden­te era disposto a pagare.

A quanto pareva nessuno riusciva a pagare la somma richiesta. E il cassiere, inflessibile, li rimandava indietro. Davanti a Paola c'era un uomo triste e grigio. Mise sul piatto della bilancia un milione. Ma il piatto della bilancia non si mosse neanche un po. L'amore per­duto pesava molto, molto di più. L'uomo se ne andò, più triste e più grigio di prima.

Paola era davvero preoccupata. Stringendo in pugno le sue due monete, guardò il cassiere e disse con la sua voce da passerotto: «Vorrei l'amore perduto di mamma e papà».

Il cassiere aprì un armadio e ne tirò fuori un grosso amore che si­stemò sul piatto della bilancia.

«È ancora caldo e luminoso, meno male», pensò Paola. «Come paghi?», chiese severo il cassiere.

Paola allungò esitante la mano con le monete, poi con un'im­provvisa ispirazione, si sedette sull'altro piatto della bilancia.

I due piatti scattarono e si fermarono in perfetta parità. «O.K. Il prezzo è giusto!», disse il cassiere.

Paola lo abbracciò felice. Prese l'amore di mamma e papà e... si trovò a casa.

Quando mamma e papà furono seduti a tavola per fare colazio­ne, Paola arrivò in pigiama e senza parlare posò in mezzo al tavolo l'amore che aveva ritrovato.

Un'ondata di calore e di felicità, di baci e di voglia di cantare, in­vase la casa.

Mamma e papà guardarono la loro bambina con occhi che brillavano di una luce tenera. Paola aspettava. Mamma e papà sorrisero. Per le sue misteriose vie, l'amore era tornato al suo posto. «Grazie, Paoletta», disse mamma. «Abbiamo capito». «E ora dob­biamo fare un viaggio. Anche noi...», continuò papà.

Paola li abbracciò tutti e due con un lungo e riconoscente sospi­ro di sollievo.

 

Anche l'amore ha un prezzo. Te.

 
 

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