domenica  18 settembre 2011

IL RE CHE NON SAPEVA ASCOLTARE

C'era una volta un Re che non sapeva ascoltare. Quando i suoi sudditi si rivolgevano a lui, li interrompeva non appena aprivano bocca e gridava: «Va bene, va bene, ho capito! Ti credo! Guardie, dategli mille monete d'oro». Oppure: «Basta, basta, non ti credo! Guardie, frustatelo e buttatelo fuori di qui».

Insomma, il Re era un tipo lunatico e agiva secondo il suo umore. Non voleva saperne di ascoltare, e quindi era buono e generoso con le persone sbagliate, e viceversa.

I sudditi lo sapevano bene, cercavano di girare alla larga dal castello e speravano ardentemente di non aver mai niente a che fare con il re.

Ma quelli che ci rimettevano più degli altri erano la sua povera moglie e i due principini, perché il re non solo non li ascoltava, ma giudicava stupido e senza senso tutto quello che loro dicevano.

Li criticava continuamente e non prestava mai attenzione alle loro parole, neppure quando gli parlava con la voce del cuore e dell'af­fetto. Se, per esempio, la principessina Adelaide si avvicinava al regale papà per mostrargli il disegno fatto a scuola, dicendo timidamente: «Papà, guarda questo...», il re la interrompeva con aria infastidita e borbottava: «Va bene, va bene eccoti una moneta d'oro...». Se il principino Roberto osava chiedere: «Dove vanno quelli che muoiono?» il regale papà lo zittiva dicendo: «Piantala con queste stupidaggini!».

Un giorno, il re e la regina litigarono furiosamente, e dal mo­mento che la donna ribadiva le sue ragioni, il re la spinse giù dal trono. Poi si mise a spiegare alla moglie che se le aveva fatto del ma-le era per il suo bene, e che avrebbe dovuto ringraziarlo, per questo.

La regina, profondamente offesa e indignata, con le ossa rotte e doloranti, gli lanciò una terribile maledizione: «Che te ne fai di due orecchi, dal momento che non ascolti mai nessuno? Tu non fai che parlare: bla, bla bla e ancora bla! Vorrei che ti cadessero le orecchie e che ti venissero due bocche!».

Il Mago Cavatorti, lontano parente della regina, si trovava per caso nelle vicinanze e sentì la maledizione della donna. Conosceva il re, e sapeva di cosa era capace. Così, impietosito dalla triste sorte della regina, esaudì il suo desiderio.

Il Mago si presentò al re e gli agitò sotto il naso la nodosa bac­chetta di legno di nespolo. Il re che non voleva mai ascoltare cadde in un sonno profondo, e quando si risvegliò si ritrovò con due bocche identiche, una accanto all'altra, e un orecchio minuscolo sulla fronte, vagamente simile a un cece. Le altre due orecchie, invece, gia­cevano sul cuscino come foglie secche.

All'inizio, il re ringraziò il Mago per quel bellissimo regalo. Ades­so poteva parlare più velocemente e ad alta voce. Ma ben presto si rese conto che non riusciva più a stare zitto. Parlava, parlava sempre, senza un attimo di tregua.

E mentre beveva e mangiava con una bocca, con l'altra continuava a parlare.

Per i poveri sudditi le cose peggiorarono. Se prima non ascoltava, adesso il re non faceva che straparlare e interrompere gli altri. E la moglie che già non sopportava una bocca del marito, con la se­conda non ce la faceva proprio più. Inoltre, il re ora russava il dop­pio, e la notte non le faceva chiudere occhio.

Con il passare del tempo, il re cominciò ad ascoltare solo le sue due voci, ed amici e nemici presero ad evitarlo come la peste. Insomma, era insopportabile.

Anche gli affari di stato peggiorarono. Quando arrivavano gli ambasciatori dei regni vicini con i messaggi dei loro sovrani, il re non prestava la minima attenzione alle loro parole, anzi se quelli parlavano di «terra» capiva «guerra» , se dicevano «doni» pensava ai «cannoni». Così, poco alla volta, tutti lo abbandonarono.

Il re fu avvolto da una terribile solitudine e cominciò a rendersi conto dei suoi errori. Decise che da allora in poi avrebbe tenuto sempre conto della dura lezione che il Mago gli aveva im­partito.

Adesso teneva la bocca, anzi le due bocche chiuse, e con il suo piccolo orecchio si sforzava di ascoltare meglio di quando ne aveva due. In cuor suo, anzi, sperava che il Mago tornasse con la sua bac­chetta di nespolo per ridargli le sue due orecchie, che ora rimpian­geva con tutte le sue forze.

Passarono gli anni e la regina cominciò a provare una gran pena per il marito. Persino i sudditi e i sovrani dei regni vicini avevano dimenticato l'astio che avevano sempre provato nei suoi confronti e si auguravano che venisse perdonato.

Ma trascorsero parecchi anni prima che il Mago Cavatorti si decidesse a tornare da lui.

«Riconosci i tuoi errori?» gli chiese, scuro in volto. Il re annuì. «E faresti qualsiasi cosa pur di avere due orecchi e una bocca?». Il re era pronto a tutto.

Il Mago agitò la sua bacchetta al contrario e il re si ritrovò con una bocca sola e due splendidi orecchi nuovi. Invece di ricominciare come prima, si fermò ad ascoltare il canto degli uccelli, la musica del vento, le voci dei bambini. Era la prima volta e gli vennero le lacrime agli occhi per la commozione.

La regina, il principe Roberto e la principessa Adelaide lo ab­bracciarono e gli dissero: «Ti vogliamo bene».

Il re pensò che non aveva mai sentito niente di più bello in tutta la sua vita e che era stato proprio stupido a non accorgersene prima.

 

«Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile: sono diventati duri d'orecchi,

hanno chiuso gli occhi,

per non vedere con gli occhi,

per non sentire con gli orecchi,

per non comprendere con il cuore...» (dal profeta Isaia).

           
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