La mia anima ha sete del Dio vivente

Salmo 41


[1]Al maestro del coro. Maskil*. Dei figli di Core.

[2]Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
[3]L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?

[4]Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: “Dov'è il tuo Dio?”.
[5]Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.

[6]Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
[7]In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Mizar*.
[8]Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.

[9]Di giorno il Signore mi dona la sua grazia
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
[10]Dirò a Dio, mia difesa:
“Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?”.
[11]Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: “Dov'è il tuo Dio?”.

[12]Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

Il dramma dei giusto di fronte alla marea dei male concludeva la prima parte del Salterio, Il conflitto rimane, ma ormai si fanno sentire altri accenti. Ora la preghiera diventa spesso l'affermazione della aspirazione verso Dio e dello stato di esilio dell'uomo, e in parecchie occasioni il tono si farà più mistico. Altre volte i momenti più critici della storia rappresenteranno via via un incentivo alla lode o alla supplica: ancora il dramma del giusto, rimane, ma adesso come dramma del popolo. Infatti nei salmi seguenti verrà di preferenza sottolineato l'aspetto collettivo.

 

Il Salterio dei figli di Core

Questo salmo, che con il seguente forma in realtà un unico carme, affascinante per la sua bellezza letteraria, attesta una commozione religiosa di rara qualità è il lamento dei levita esiliato, fatto di nostalgia, di desolazione, di bruciante desiderio. In terra straniera, lontani dal tempio di Gerusalemme, che era l'unico luogo nel quale si pensava di poter Incontrarsi con Dio, i ministri del culto risentono più d'ogni altro la durezza dell'esilio; il santuario è la sola dimora nella quale possono provare la felicità. Essi per primi subiscono l'irrisione dei pagani, dai quali è misconosciuto quel Dio cui essi hanno votato la loro vita. A tre ondate successive riprende il pianto, a tre ondate ancora riecheggia il ritornello che canta la speranza. Nessun salmo riproduce con pari vivezza il fervore per il tempio, al quale affluiva il popolo per celebrare l'amore e la presenza di Dio.

 Questo fervore ci parla di quello che è il più profondo anelito degli uomini. Il desiderio di Dio. Esso anima in terra i battezzati che chiedono di entrare nella Chiesa, «casa di Dio», e del pari lo poniamo sulla bocca dei defunti che attendono di essere ammessi nella nuova Gerusalemme, la celeste città di Dio; quindi paradossalmente, questo salino si addice e al battesimo e alle esequie. In modo privilegiato gli uomini e le donne consacrate riconoscono in questo salmo il moto della loro anima. Ma, più in generale, questo sublime desiderio non è al fondo di ogni inquietudine umana? «Inquieto è il nostro cuore finché non riposi in te», ha proclamato per i secoli Agostino.

 

*1 Per Maskil vedi Salmo 31, 1. I figli di Core erano leviti: 1 Cronache 26, 19.

 

*'Il monte Mizar non è identificato. La traduzione dal... suppone il levita confinato alle sorgenti del Giordano, ai piedi dell'Ermon. Pensandolo in esilio a Babilonia, il verso viene tradotto così: "più che del paese del Giordano e dell'Ermon, dell'umile monte [Sion]».

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